Un pasticcio di memoria condivisa: quando la politica moderna si rifugia nei miti del passato

Enrico Berlinguer

In un’epoca in cui la coerenza ideologica sembra essere un lusso riservato ai libri di storia, i politici contemporanei si lanciano in un’arrembaggio senza scrupoli ai miti del passato. Questo fenomeno, paradossale e disarmante, si manifesta con una sfrontatezza che sfiora il grottesco, dando vita a un vero e proprio pasticcio di memoria condivisa. Come sfingi atafiche che guardano al nulla, i moderni politicanti si sono trasformati in muse confuse e in aedi e menestrelli del vuoto, cantando a squarciagola inni privi di sostanza, esaltando figure che appartenevano a tutt’altro contesto ideologico.

In questo scenario surreale, la figura di Enrico Berlinguer, ex segretario del Partito Comunista Italiano, si erge come emblema di un’operazione di “canonizzazione” bipartisan che sfida ogni logica storica e politica. Berlinguer, paladino di un tempo in cui le divisioni ideologiche erano nette e profonde, viene oggi omaggiato tanto dalla destra quanto dalla sinistra. La stessa destra che, tuttavia, fa una certa fatica a riconoscere i valori fondanti della Resistenza e della Costituzione repubblicana, giunge a celebrare la sua figura in un contesto che sembra travisare la sua stessa eredità politica.

È emblematico il fatto che esponenti di spicco della destra italiana, come Giorgia Meloni e Matteo Salvini, utilizzino la figura di Berlinguer per sostenere una narrazione politica che appare in aperto contrasto con i principi antifascisti e di giustizia sociale per cui egli si batté. Questi politici, che talora non ostentano di essere antifascisti e che sono cauti a celebrare il 25 aprile, rendono omaggio a Berlinguer non per ciò che rappresentava, ma per ciò che può rappresentare oggi: un simbolo di grandezza e integrità politica, da usare come strumento di legittimazione.

In questo clima di spregiudicatezza e di strumentalizzazione, la sinistra liberale non è da meno. Abbandonando il marxismo e ogni legame con le radici ideologiche del comunismo, essa si concentra ormai sul business e sulla gestione del potere. Berlinguer diventa così un’icona da utilizzare per fini propagandistici, svuotata dei suoi contenuti più radicali e ridotta a una figura di consenso trasversale, buona per tutti e per nessuno.

Questo pasticcio di memoria condivisa mette in luce una politica moderna che non ha più niente di sacro, dove tutto può essere riscritto, manipolato e piegato alle esigenze del momento. I politici di oggi, solipsisti anarchici e imperfetti oggetti della critica kantiana, si muovono in un contesto in cui il significato delle parole e delle figure storiche è liquido, pronto a essere riformulato per giustificare qualsiasi posizione, anche la più incoerente.

L’uso strumentale della figura di Berlinguer da parte della destra, in un tripudio di contraddizioni, è solo l’ultimo esempio di questa deriva. Se da un lato può sembrare paradossale che chi non esalta le radici antifasciste della Repubblica italiana si rifaccia a un simbolo del comunismo italiano, dall’altro appare chiaro che in un’epoca di disorientamento ideologico, i miti del passato vengono utilizzati senza rispetto e senza cognizione di causa. E mentre la sinistra liberale si concentra su strategie di marketing politico, il mito di Berlinguer diventa un comodo rifugio per chiunque voglia farne uso, in barba alla storia e a ciò che essa rappresenta

Antonio Rossello

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