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Tra me e il PD è crisi acuta di coppia e di relazione…

TRA ME E IL PD E’ CRISI ACUTA DI COPPIA E DI RELAZIONE:
QUASI SEPARAZIONE SENZA RITORNO!
di Bruno Spagnoletti

Per Uno con la mia storia sulle spalle che già una volta (1979) ha strappato con il PCI per incompatibilità di visione strategica nazionale e locale, militato nel PSI sino al suo annientamento per colpe interne e assassinio premeditato dell’alfiere “etico” Antonio Di Pietro, supportato dalla ambiguità del PdS sul terreno di scambio della sua presunta diversità e intoccabilità, militato – come Cane sciolto – per lustri nella sinistra riformista e rientrato nel PD sull’onda della ipotizzata “rivoluzione copernicana renziana” di idee, progetti, strutture, risorse umane e metodi di direzione, non è semplice alzare bandiera bianca, ammettere il fallimento di un terreno duro d’impegno e andarsene a capo chino.

Ma Tant’è! Non si può continuare a fare finta di stare in Paradiso a dispetto dei Santi! E, in questo ciclo, il PD assomiglia assai ai gironi dell’Inferno.

Le ragioni della crisi attengono a cause nazionali e concause regionali e territoriali; ed io mi sento “come d’autunno sugli alberi le foglie” direbbe Ungaretti,

Ho sperato sino all’ultimo che il Congresso del PD, avvenuto a valle della scissione dei transfughi di MdP, cambiasse l’orizzonte strategico e, soprattutto, servisse a cogliere e superare gli errori progettuali e personali del Segretario che hanno portato alla sconfitta del 4 dicembre; una debacle mai discussa e troppo in fretta rimossa.

Ho sperato che, dopo il Congresso, il Leader ritrovasse l’umiltà, il coraggio e, persino la spavalderia del Matteo prima maniera che sapeva parlare al cuore dei militanti su un progetto condiviso di cambiamento del Paese e di innovazione della vecchia politica politicante; una condotta compromessa nella navigazione a vista, non più tollerata dal Paese e foriera della sfiducia montante degli elettori.

Ho sperato nell’abbandono della spocchia, della annuncite acuta, della politica venduta da piazzista e nella ripresa “dell’ascolto” come metodo in un rapporto continuo e sinergico con la Società Civile e il Paese che hanno bisogno di “verità” e non di una “narrazione” inesistente e fine a se stessa.

Ad alcuni mesi dal Congresso e alla vigilia delle Elezioni Siciliane, della costruzione della Manovra Economica e delle Elezioni Generali, non vedo alcuna svolta all’orizzonte, il ritorno dei rituali tattici sulla Legge Elettorale e, soprattutto, alcuna presa di coscienza delle criticità evidenziate dall’ultimo voto amministrativo, a cominciare dalla Liguria. Tutto scorre tranquillo come l’olio sull’acqua mentre i Responsabili della sconfitta non fanno neppure un passo indietro e tutto avviene nella più completa indifferenza del Leader e del Gruppo Dirigente nazionale.

Proprio oggi mi è arrivata l’ultima E-News 485; siamo alle solite nel merito, nel metodo e nel linguaggio: un Matteo Renzi che assomiglia sempre più a Raffaella Paita e non a una Raffaella Paita che scimiotta Matteo Renzi facendo salire il “sorriso”.

“Bello ritrovarsi dopo questo caldissimo agosto…. Spero che abbiate passato delle splendide vacanze, come fortunatamente è accaduto a me”; l’Italia va…la scommessa del job act sta funzionando…il tempo è galantuomo e gioca con la nostra maglia…c’è ancora da fare ma la direzione è giusta…avanti, avanti insieme” e cosi via! Non se ne può più!

Sono almeno cinque – tra le tante che tralascio comprese quelle decisive su Immigrazione, Giovani, Welfare, Riforma Istituzionale, Europa – i vulnus da cui non se ne esce:

1.    Il Paese reale non avverte la ripresa più marcata del previsto statisticamente provata e comunque non intravede ricadute positive sulle condizioni materiali di vita né sulle prospettive di stabilità lavorativa e neppure sulle disponibilità reddituali;

2.    Sul Sistema previdenziale i rattoppi e le soluzioni raffazzonate portate avanti e le soluzioni adottate non hanno risolto la rottura di fiducia del Paese dopo la vicenda della riforma Fornero vissuta come “tradimento”;

3.    Sulla Riforma Fiscale non si può più cincischiare e occorre dare risposte certe di riduzione del prelievo per lavoratori dipendenti e pensionati;

4.    Sulla Lotta alla Povertà, l’ultimo provvedimento di contrasto è vissuto come inadeguato, demagogico ed elettorale e rischia di fare la fine degli 80 euro;

5.    La Questione delle Questioni: Matteo Renzi è vissuto come Leader non più credibile e inadeguato per condurre il cambiamento del Paese.

C’è persino di più, una lettura forse maggioritaria del sentiment del Paese tende ad affermare che la Leadership di Matteo Renzi è terminata a dicembre 2016 e che in riconfermato Segretario del PD faccia parte della storia passata o chiusa del Paese.

Da parte mia inizio a condividere una siffatta tesi e spero che – a partire dalle Elezioni Siciliane – da sempre laboratorio delle politiche nazionali e dei sistemi di alleanza, voglia mettersi a disposizione della costruzione di una nuova leadership con umiltà e spirito di servizio (ma dubito assai).

Ciò che mi pare evidente è che vanno costruendosi e affermandosi nuove personalità in grado di unire e di candidarsi alla guida del Paese; e, in particolare Marco Minniti e Giuliano Pisapia con il suo movimento “civico” di campo progressista; un Pisapia capace di rompere con i Cespugli e la Sinistra inconcludente, per ricostruire e consolidare una Sinistra riformista e progressista calata tra la gente.

Sul piano regionale la sconfitta storica nelle ultime amministrative nelle Roccaforti di Genova e La Spezia, dopo le batoste della Liguria e di Savona, sono state metabolizzate come se nulla fosse successo o peggio – come ha scritto Luca Borzani – “come niente fosse successo”.

Ciò che indigna e toglie ogni velleità d’impegno e di sacrificio personale è la estenuante pratica del rinvio, dell’autoreferenzialità, del lasciar scorrere il fiume verso la foce: perdere tempo tanto poi tutto si aggiusta, si dimentica e ognuno resta al suo posto come prima e più di prima, mentre il Partito va in coma, lentamente muore logorando il rapporto con gli iscritti, i militanti e gli elettori.

Non è commentabile, e prima ancora giustificabile, un Segretario Regionale del PD come l’On. Vito Vattuone che non pronuncia parola dopo il disastro elettorale, resta silente peggio del Mosè di Michelangelo di San Pietro in Vincoli.

Non è tollerabile una Segreteria Regionale del PD che premia non il merito ma è casa di ritrovo degli sconfitti alle elezioni.

E, mentre la Politica di Giovanni Toti cresce nei consensi e pone la Liguria “dentro” i processi innovativi del Nord con Lombardia e Veneto (si può convenire o meno), si lancia come Leader Nazionale e costruisce –  con gli Stati Generali – il Progetto per la nuova Liguria, assistere alla desolante polemichetta del Gruppo Regionale PD diretto dalla plurisconfitta Raffaella Paita su benaltrismo un giorno si e l’altro pure.

A livello savonese, nonostante il cambio di guardia e le promesse di cambiamento del nuovo Segretario del PD Giacomo Viglierchio, la situazione di paralisi cerebrale non è sostanzialmente cambiata.

C’è un Segretario praticamente “ostaggio” non solo delle due correnti congressuali (e sarebbe il meno peggio) ma di potentati e camarille (piccole e grandi) all’interno della maggioranza renziana e della minoranza orlandiana; una distribuzione delle responsabilità politiche che lungi dal rispondere alle competenze, guarda spesso ai Referenti Esterni che continuano ad essere i veri “Padroni” del PD; un Partito sempre più giustapposto e lontano dalla gente e sempre più “Comitato Elettorale”, oggi proiettato alle prossime Elezioni per il Parlamento. E cosi, dietro un’apparente dialettica d’idee tra Maggioranza e Minoranza si è costruita un’alleanza ferrea tra l’On. Vazio e l’On. Giacobbe per la loro presunta riconferma e rielezione; un’alleanza che chiude ogni possibile cambiamento e blocca ogni velleità d’innovazione!

Senza allungare il brodo con ulteriori analisi, basta saper guardare “dentro” il programma della Festa democratica che partirà il 6 settembre nella riconquistata location del Prolungamento al Mare.

Dietro la copertura dei cosiddetti Big va in scena un Programma fatto con il Bilancino del Farmacista degno del miglior Manuele Cencelli di democristiana memoria.

Il Caso Savona sparito o meglio ridotto a marginalità dai dibattiti, almeno nel senso delle cause e concause della sconfitta elettorale e del progetto di opposizione; e cosi l’Area di Crisi Complessa, il disastro economico, sociale, industriale e occupazionale indotto dalla lunga crisi; e cosi per la demografia calante e le nuove domande di Welfare che pone; e cosi il rapporto decisivo con la Regione Liguria sui Finanziamenti Europei che pur rappresentano l’unico terreno certo di investimenti per i prossimi anni; e cosi le scelte devastanti della Amministrazione di Centro Destra sui Tagli al Sociale e le Manovre ragionieristiche di rientro dal Debito: Nulla di Nulla o Nada de Nada!

In compenso si attiva un Dibattito sull’Entroterra Ligure (pensa Te) per ritagliare uno spazio al Presidente dell’Assemblea Cittadina Mauro Righello, costringendo il Presidente della Lega delle Cooperative a inventarsi esperto delle politiche agricole e di raccordo; e poi la straordinaria innovazione nell’ottica del rinnovamento del richiamo alle armi di Carlo Ruggeri e di Franca Ferrando.

Ecco io ho quasi nausea e non saprei dire per quanto tempo riuscirò ancora a resistere!

Bruno Spagnoletti

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