Spiagge libere in Liguria. Troppi comuni sotto la soglia del 40% e la Regione sospende l’obbligo fino al 2027

La questione delle spiagge libere in Liguria è da anni un tema caldo, ma i numeri parlano chiaro: molti comuni costieri della regione non rispettano la soglia minima del 40% di arenili liberi imposta dalla legge. Il dato è preoccupante e solleva interrogativi sulla gestione del demanio marittimo, sull’accessibilità alle spiagge e sul diritto dei cittadini a godere del mare senza dover necessariamente pagare per un ombrellone.
A rendere la situazione ancora più critica, però, è stata una decisione del Consiglio regionale della Liguria, che ha approvato la sospensione, fino al 30 settembre 2027, dell’obbligo per i Comuni di destinare almeno il 40% del litorale a spiagge libere. Una mossa che, di fatto, offre una proroga ai comuni che non hanno mai rispettato la norma e rischia di trasformare ancora di più il litorale ligure in un monopolio di stabilimenti privati.
In molte località balneari liguri, la presenza di stabilimenti privati ha ormai ridotto al minimo gli spazi liberi e gratuiti. Laddove la legge impone che almeno il 40% delle spiagge sia accessibile a tutti, nella realtà in diversi comuni questa percentuale è ben lontana dall’essere rispettata. Il risultato? Residenti e turisti costretti ad accalcarsi in pochi metri di sabbia o scogli liberi, mentre la maggior parte del litorale è occupata da stabilimenti balneari, spesso con tariffe sempre più alte.
Il problema non riguarda solo il numero di spiagge libere, ma anche la loro qualità. Spesso gli arenili pubblici sono trascurati, privi di servizi essenziali e maltenuti, in netto contrasto con la cura e l’efficienza degli stabilimenti privati. Questo spinge inevitabilmente chi può permetterselo a rivolgersi ai bagni attrezzati, consolidando un sistema che penalizza chi non vuole o non può pagare.
Invece di affrontare il problema e garantire ai cittadini il rispetto della legge, il Consiglio regionale ha deciso di concedere ai Comuni una moratoria fino al 30 settembre 2027, sospendendo l’obbligo di destinare il 40% delle spiagge al libero accesso.
Di fatto, questa decisione permette ai comuni di continuare a ignorare la legge, rinviando qualsiasi intervento per riequilibrare l’accesso al litorale. Una vittoria per le lobby degli stabilimenti balneari, che potranno continuare a occupare la maggior parte delle spiagge, e una sconfitta per i cittadini, che si vedranno privati di un diritto sancito per legge.
Nonostante la normativa imponga ai comuni di garantire una quota minima di spiaggia libera, i controlli e le verifiche sul rispetto di questa regola sembrano essere piuttosto blandi. Alcune amministrazioni giustificano la carenza di arenili pubblici con la conformazione del territorio o con difficoltà gestionali, mentre altre sembrano chiudere un occhio per non entrare in contrasto con le potenti associazioni degli stabilimenti balneari.
Va detto che il turismo balneare rappresenta una voce fondamentale dell’economia ligure, e i concessionari svolgono un ruolo importante nell’accoglienza e nei servizi offerti. Tuttavia, la legge è chiara: l’accesso al mare deve essere garantito a tutti, senza esclusioni.
Il dibattito sulle spiagge libere è destinato a intensificarsi, soprattutto in vista dell’applicazione della direttiva Bolkestein, che nei prossimi anni ridisegnerà il sistema delle concessioni balneari in Italia. L’obiettivo per i comuni liguri dovrebbe essere quello di rispettare la quota del 40% prevista dalla legge, evitando forzature e trovando un giusto equilibrio tra pubblico e privato.
Tuttavia, con la sospensione di questo obbligo fino al 2027, è probabile che nulla cambi nel breve periodo e che i cittadini continuino a vedersi negare il diritto di godere liberamente del mare. Perché il mare è di tutti, e non solo di chi può permettersi di pagarlo.

Condividi

Lascia un commento