Sconto libri
Tra i tanti decreti, regolamenti, normative, leggi, ecc…, che ci affliggono, ce n’è uno recentemente introdotto che mi pare fortemente restrittivo non solo della libertà di mercato, e questo sarebbe ancora il meno, ma soprattutto della libertà/possibilità di informazione/educazione.
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E’ un provvedimento passato quasi inosservato, nel distacco interessato dei mezzi di comunicazione, nel silenzio ovattato degli enti (sedicenti) culturali, nell’impassibile indifferenza del sistema (ma c’è un tale sistema?) educativo, nel disinteresse totale dei troppo indaffarati paladini del (loro) libero mercato, nell’ormai usuale noncuranza per tutto quanto non è immediatamente monetizzabile di quel che resta delle organizzazioni sindacali. Eppure è un intervento forte. Che davvero “mette le mani nelle tasche degli italiani”. Almeno di quelli che leggono. Esso dice, in breve, che dal 1° settembre c’è un tetto massimo del 15% agli sconti praticati sui libri!
Addio -65%, addio -50% , addio -30%! Addio extrasconti! Addio navigazione sui siti alla ricerca dell’introvabile in offerta! Addio allo sconto speciale sul disponibile! Addio al carrello pieno di bonus! Addio al meraviglioso diventato accessibile! Ma addio anche alla concorrenza. Si. Certo. In qualche piega stropicciata di giornale un po’ se ne è parlato. E anche in un articolo sulla Stampa di qualche giorno fa. Ma molto sommessamente. Vagamente. Con una sequela di stanchi luoghi comuni, evidentemente di parte. E, soprattutto, senza alcun contraddittorio. Io ho provato a mandare un breve commento, con alcune osservazioni, ma naturalmente è stato del tutto ignorato. Altri sono i temi che fanno “audience”. E allora, provo qui a fare qualche domanda sperando che chi è addentro al mercato editoriale e librario, o al sistema educativo, o a-chi-lo-sa-dove, abbia qualche risposta. 1. Dice che non sono gli sconti che fanno crescere i lettori. Ora, da quando l’aumento di prezzo determinerebbe la maggiore diffusione di un bene? 2. Dice che una libreria deve potersi misurare sul servizio e non sullo sconto. Ma perché ogni volta che si fa lievitare un prezzo si avanza l’indimostrabile motivazione dell’offerta/assicurazione di un migliore servizio? 3. Dice: come può una libreria competere con Amazon o con un supermercato? Non lo so. Ma con lo stesso schema logico perché non ci si domanda come può un piccolo commerciante di alimentari competere con un ipermercato? C’è qualcuno che propone di chiudere anche gli ipermercati? 4. Dice che l’editore deve potersi misurare sulla qualità del suo prodotto. Certo che deve farlo. Come tutti i produttori. Ma chi decide il livello di qualità di un bene/servizio se non chi ne è l’utente? 5. Dice che per allargare la base dei lettori c’è necessità di biblioteche, scuole e librerie che funzionino. Sicuro! E chi lo nega? Ci mancherebbe altro. Ma per farle funzionare come si deve, non c’è necessità anche di tanti libri a prezzi accessibili a tutti? 6. Dice che in Italia non si riconosce il ruolo fondamentale delle librerie. E quando mai? Le librerie buone, per assortimento e attività culturale, ci sono e sono ben riconosciute. O forse si vuole proteggere quelle non buone? In tempi di “riforme liberali” e di “liberalizzazioni” (entrambe solo proclamate, per la verità) si pensa forse a un Ordine dei Librai? 7. Dice che in Italia non si riesce neppure a fare una buona festa del libro, e allora riduciamo gli sconti. Intanto, che c’azzecca? E poi, se il Salone del Libro di Torino è carente in qualche aspetto perché non si danno suggerimenti appropriati? O non si organizza un salone concorrente? 8. Dice che alti indici di lettura sono connessi con alti indici di reddito. Bella scoperta. E, comunque, affermazione a doppio taglio. O curiosamente bilaterale. Con questo lato predominante: non sarà che solo chi ha un buon reddito può premettersi l’acquisto di una quantità sufficiente di libri? Giulio Save |