Il progetto della Capitale della Cultura ha attirato molti, da esperti di settore a semplici appassionati, tutti pronti a dare il proprio contributo. Ma in questa corsa collettiva, emerge una sensazione di caos organizzativo. Tavoli di lavoro strapieni, sedie che mancano, voci che si accavallano. Ciascuno sembra più impegnato a ritagliarsi uno spazio personale che a lavorare per un obiettivo comune. Si parla di mostre, laboratori per bambini, eventi di grande successo, ma il tono spesso suona autoreferenziale. Non sembra esserci dialogo, solo monologhi in cerca di approvazione.
Tra i partecipanti, spiccano due categorie: chi urla per farsi notare e chi rimane in silenzio, assumendo un atteggiamento quasi intimidatorio. I primi monopolizzano la scena, i secondi lasciano intendere che le decisioni importanti saranno prese dietro le quinte, lontano dagli occhi di tutti. Non è certo il miglior modo per trasmettere un’idea di inclusività e partecipazione, principi che dovrebbero essere alla base di un progetto come questo.
Non manca nemmeno il consueto richiamo ai giovani, spesso usati come simboli di rinnovamento. Eppure, tra i volti freschi che partecipano, si intravedono segni di stanchezza. Sono lì, ma il loro ruolo sembra spesso limitato all’esecuzione di compiti assegnati, senza spazio per portare davvero innovazione. Un’occasione mancata, visto che proprio i giovani potrebbero portare idee fresche e nuove prospettive. Da ricordare che chi ha avuto l’idea di “Savona capitale della cultura” è molto giovane eppure è stata tagliata fuori dal progetto, fatta sparire da ogni convegno e da tutte le iniziative
Che Savona vinca o meno il titolo di Capitale della Cultura, ciò che conta è cosa rimarrà dopo. Finora, l’impressione è quella di una grande fanfara: tanto rumore, tanti proclami, ma poca sostanza. La cultura dovrebbe essere un terreno di confronto autentico, non una vetrina per ambizioni personali.
Savona ha un’opportunità straordinaria, ma per coglierla serve un cambio di passo. Meno caos e protagonismi, più visione e capacità di lavorare insieme. La cultura è un bene comune, non un palcoscenico per pochi. È tempo di andare oltre le apparenze e costruire qualcosa di duraturo, per Savona e per le generazioni future.
Per comprendere cosa sta succedendo pubblichiamo questo post di una partecipante al progetto