Savona Capitale della Cultura… della retorica. Con la cultura si può vivere, la “fuffa” istituzionale, invece, non paga né gli affitti né le bollette.

Savona, patria di innumerevoli bellezze e di altrettante contraddizioni, si prepara a candidarsi come “Capitale della Cultura”. Una notizia che dovrebbe riempirci di orgoglio, se non fosse per le dichiarazioni del nostro sindaco, che con invidiabile nonchalance ha affermato: “Finita l’era industriale, bisogna puntare su turismo e cultura”. Frase che, a prima lettura, potrebbe sembrare visionaria, se non fosse per un piccolo dettaglio: la totale assenza di una visione concreta.

Caro sindaco, ma lo sa che tipo di lavoro è quello nel turismo e nella cultura? È un mondo fatto di contratti precari, paghe in nero, turni infiniti e lavoratori che si arrabattano per strappare un sorriso ai turisti mentre fanno miracoli per pagare l’affitto. Oppure questa realtà non rientra nei “power point” che girano nei corridoi del Comune?

Le guide turistiche savonesi, ad esempio, tra un gruppo di crocieristi e l’altro, combattono con compensi ridicoli e la mancanza di tutele. I dipendenti del teatro? Si barcamenano tra contratti a chiamata e bilanci comunali che sembrano giochi di prestigio. E i cuochi e camerieri dei ristoranti? Chiedetelo a loro, dopo una stagione estiva di 16 ore al giorno senza straordinari. E vogliamo parlare delle associazioni culturali? Vere eroine moderne, che spesso vivono di volontariato mascherato da “passione”.

La CGIL Liguria ci ricorda che il 12% del PIL regionale è sommerso, con un 4% dovuto al lavoro irregolare. Nella sola provincia di Savona, il turismo è cresciuto sì, ma insieme alla precarietà: il 32,4% dei lavoratori sono autonomi, spesso senza alcuna garanzia. Una situazione che contribuisce al record ligure nel lavoro irregolare: un primato di cui avremmo fatto volentieri a meno.

Il problema è che, mentre si parla di cultura e turismo come panacee per i mali economici di Savona, nessuno sembra preoccuparsi di cosa significhi realmente lavorare in questi settori. C’è un piano per garantire contratti equi? Un progetto per favorire la stabilità occupazionale? O dobbiamo accontentarci di una sfilza di belle parole, utili solo a riempire le cronache locali e i profili social del Comune?
Con la cultura si può vivere, certo, ma solo se è sostenuta da politiche serie, investimenti reali e rispetto per chi la porta avanti ogni giorno. La “fuffa” istituzionale, invece, non paga né gli affitti né le bollette.
E allora, caro sindaco, se davvero vuole che Savona diventi Capitale della Cultura, cominci con un atto rivoluzionario: ascolti i lavoratori. Potrebbe scoprire che dietro i sorrisi turistici e gli applausi teatrali c’è una realtà che merita molto più di belle parole.

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