Il tono è quello del maestro che spiega ai bambini perché non si può avere la cioccolata a merenda tutti i giorni: «Non è che non vogliamo mettere i cassonetti intelligenti dappertutto… è che non possiamo!». C’è un piano, c’è un bando, c’è la burocrazia – la solita, amatissima scusa italiana che regna sovrana su tutto, dai marciapiedi dissestati alla raccolta dell’umido.
I cassonetti intelligenti, dunque, sono riservati al centro città, dove – ci viene spiegato – si concentra «la massima quantità di persone savonesi e non». Insomma, lì c’è più gente, più rifiuti, più problemi: quindi, logicamente, più tecnologia. Gli altri, quelli delle periferie, possono tranquillamente continuare a rincorrere i camion della spazzatura.
La spiegazione tecnica viene infiocchettata con la solita rassicurazione paternalistica: «Non c’è alcuna disparità di trattamento tra i cittadini». No, ci mancherebbe! Solo che ad alcuni tocca il bidone hi-tech e ad altri il porta a porta vecchio stile. Come dire: non è discriminazione, è logistica con affetto.
Il vero tocco di classe? Il richiamo alla calma. Il sindaco invita tutti a evitare le polemiche, perché – attenzione – montare le polemiche è utile solo per chi le strumentalizza. Certo, perché chi si lamenta lo fa per sport, mica perché si sente danneggiato.
L’opposizione, prevedibilmente, si diverte: «Imbarazzante» dice Fabio Orsi, e non è difficile capirlo. L’intero consiglio comunale ridotto a megafono del sindaco, con tanto di messaggino da imparare a memoria, stile filastrocca pre-consiliare.
In sintesi: i cassonetti sono intelligenti, la città forse un po’ meno. Ma almeno ora sappiamo che a Savona si amministra con rigore, trasparenza, e un pizzico di pedagogia. Magari la prossima volta il sindaco manda anche il disegnino.