Confessiamo che ogni volta che si parla di raccolta rifiuti a Savona – e soprattutto di raccolta differenziata nei condomìni (noi purtroppo abitiamo in un condominio) – ci prende un misto di scetticismo e malinconia. Scetticismo perché temiamo sempre che dietro alle “buone pratiche” ci sia più propaganda che reale organizzazione. Malinconia perché pensiamo a quella Savona concreta, fatta di scale ripide, portoni stretti, cortili inaccessibili e assemblee condominiali dove anche decidere il colore del citofono può richiedere mesi.
In questo contesto così reale e poco idealizzato, l’intervento della consigliera Daniela Giaccardi (Pensierolibero.zero) in commissione consiliare ci è sembrata una boccata d’ossigeno. Non perché abbia detto qualcosa di rivoluzionario, ma perché ha riportato il dibattito alla dimensione del possibile, del praticabile, del quotidiano.

Giaccardi smonta il metodo dell’amministrazione sulla raccolta condominiale
“Non è una critica alla raccolta differenziata, ma al metodo con cui questa amministrazione affronta i problemi.” Così la consigliera Daniela Giaccardi (Pensiero libero.zero) ha esordito durante la sua lunga e appassionata riflessione in commissione consiliare sul tema della gestione dei rifiuti nei condomìni. Un intervento che ha toccato nel profondo i nodi pratici, giuridici e culturali di un cambiamento che, a suo dire, è stato “imposto dall’alto senza valutare le reali condizioni della città.”
Giaccardi non si è sottratta a un’analisi articolata, ammettendo da subito di non voler fare “la difesa d’ufficio degli amministratori di condominio”, ma sottolineando come le criticità segnalate non siano frutto di polemiche pretestuose: “Conosco i membri di questo consiglio, sono professionisti capaci, ma bisogna avere l’onestà di dire che qui si è partiti con una tempistica inadeguata e una scarsa comunicazione”.
“Il problema è il metodo”
Al centro del discorso, il concetto chiave: metodo. “Quello che contesto – ha ribadito – è il modo in cui si è proceduto: senza confronti reali, senza sopralluoghi nei condomini, senza comprendere che ogni palazzo è un mondo a sé. Pensiamo davvero che bastino 15 giorni per organizzare tutto questo? Con assemblee condominiali da convocare, maggioranze da raggiungere, spazi da individuare?”.
La consigliera ha messo in evidenza l’aspetto giuridico della questione, ricordando che “gli amministratori non possono decidere da soli, servono decisioni collegiali. E quando ci sono scale, dislivelli, cortili interni, chi si fa carico del trasporto dei contenitori?”.
“Non si possono scaricare i problemi sui cittadini”
Il tono si è fatto ancora più critico quando ha toccato l’aspetto umano e sociale: “Non possiamo pensare che la raccolta sia delegata alla buona volontà del vicino. Se sono anziano e il mio vicino è in vacanza, chi mi aiuta? Devo chiamare qualcuno da fuori per portare giù la spazzatura? Sembra una banalità, ma è la vita vera delle persone”.
Giaccardi ha anche avanzato una proposta alternativa, che sa di buonsenso pratico: “Perché non creare zone ecologiche attrezzate, accessibili e strutturate dal Comune? La raccolta nei cortili condominiali rischia di diventare una sovrastruttura ingestibile, sia per l’amministrazione sia per i cittadini”.
“Serve un cambio di passo”
In chiusura, l’affondo più politico: “Non è questione di essere contrari alle innovazioni. Ma serve un metodo diverso, partecipato, rispettoso della realtà savonese. Non si risolvono i problemi creandone altri. E l’abbiamo già visto, ad esempio, con la chiusura di Corso Italia: il traffico non è sparito, è stato solo spostato. E nel frattempo Piazza Diaz è diventata un deserto”.
Con lucidità e senza alzare la voce, Giaccardi ha riportato al centro il concetto di cittadino come persona, non come destinatario passivo di decisioni calate dall’alto. “Ogni cittadino ha una storia, e da lì bisogna partire se vogliamo davvero costruire una città sostenibile e inclusiva. Non si tratta di personalizzare, ma di minimizzare i disagi. E questo, al momento, non sta accadendo”.