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Raccolta differenziata

Raccolta differenziata:
una questione di volontà

Notizia di pochi giorni fa: il Comune di Acerra si è aggiudicato il premio Start-up da Legambiente, come comune col miglior incremento di differenziata. Difatti, in appena un anno, è passato da riciclare il 10%, al 62%: un incremento del 500%. La storia di questa cittadina di circa 60 mila abitanti non è tutta rose e fiori. Dopo l’emergenza rifiuti, il governo B. inaugurò nel 2009 uno dei più grandi inceneritori d’Europa. Una serie di guasti e limiti di legge sforati di molto hanno fermato l’impianto a più riprese. Un impianto che sta bruciando attualmente 290 mila tonnellate di rifiuti l’anno, contro le 600 mila a pieno regime. Nonostante ciò, l’Osservatorio dice che l’impianto funziona bene e che ha dato energia a 200 mila famiglie. Peccato che l’apporto energetico sia in passivo, visto che non funziona a pieno regime. L’impianto è stato rilevato dalla Regione per ben 330 milioni di euro. Un regalo per l’Impregilo. Poi lo scontro Governo Monti-Regione Campania su chi dovesse pagarlo. Intanto l’amministrazione di Acerra, col contributo del CONAI, ha investito per attuare una raccolta differenziata efficacie. In un anno si è creato lavoro e si è portato i cittadini a risparmiare e, addirittura, a guadagnare dei buoni sconto. Con i metodi ormai consolidati ed efficaci tanto vituperati da molte amministrazioni: raccolta porta a porta spinta, riduzione alla fonte, eliminazione dei cassonetti stradali, isole ecologiche dove il cittadino “pesa” il suoi rifiuti indifferenziati, riutilizzo delle risorse (non “rifiuti”, ma risorse) e il classico Centro di Ricerca. E l’obiettivo è quello di migliorare. Perché al 31/12 di quest’anno i Comuni che non raggiungeranno il 65% di differenziata, subiranno sanzioni. Un Comune che dà l’esempio di un virtuosismo che si può applicare ovunque. Ma perché molti comuni non attuano questa strada? Il problema è la volontà politica. Si gioca tutto lì. I “rifiuti” sono un business grosso, spesso ad alta infiltrazione mafiosa, che comportano un giro di denaro enorme. Prendiamo il comune di Savona: ATA gestisce la raccolta (prende circa 8 milioni anno per raccogliere e poi conferire in discarica) e scarica nella discarica di Ecosavona (a piccola partecipazione del comune savonese, la quale incassa da quest’ultimo quasi 3 milioni per il conferimento).

A fine anno Ecosavona distribuisce sempre utili. Ma allo stesso tempo Ecosavona è controllata da Geotea, che a sua volta ha come controllore un’azienda che a sede in Lussemburgo. Alla fine della scatola cinese, sbuca una società con sede alle Isole Vergini. Due paradisi fiscali. Oltre a violare le leggi più banali che vietano a un Comune di partecipare in società con queste situazioni azionarie, a qualcuno deve pur giovare questa situazione. E difatti la raccolta a Savona stenta a superare il 25%. In questi giorni si sta sperimentando la raccolta di prossimità in area Mongrifone (7500 abitanti), che porta al massimo al 45%. Mentre alcune realtà volano avanti, noi sperimentiamo. O meglio: mentre noi stiamo ancora indietro nel tempo, gli altri sono al passo coi tempi. La Regione Liguria ha già dichiarato che i comuni che arrivano ai limiti minimi imposti dal Decreto Ronchi (il famoso 65% entro fine anno) avranno agevolazioni e contributi. Per gli altri un aumento di ecotassa (tassa sul conferimento in discarica) del 20%. Che inevitabilmente ricadrà sulla TARSU. Pochi giorni fa, inoltre, è stato approvato il progetto per l’ampliamento della discarica del Boscaccio che, a detta dei politici locali, dovrebbe portare ad una riduzione della tassa sui rifiuti dei circa 10€: però intanto aumenterà l’ecotassa, in sostanza non ci sarà alcun risparmio. Le supercazzole dei politici locali (assessore all’ambiente Costantino e ing. Pesce, ATA e Dirigente Settore Qualità e Dotazioni Urbane) non convincono nessuno: la loro scusa è il costo iniziale dell’avviare la differenziata. Peccato che mentre si spendono (spese di investimento del bilancio 2012) ben 7 milioni per gli impianti sportivi, ne vengono destinati 0 (sì, zero) per investire nella differenziata. In una cittadina dove l’assenza di lavoro è un problema gravissimo, si sarebbero potuti assumere un po’ di dipendenti. Ma no, noi “sperimentiamo”. E sperimentiamo così bene che non facciamo ancora la raccolta dell’umido e quella degli oli esausti è in stand-by. Già, la raccolta degli oli, partita da un progetto scuole-UE, che doveva venire estesa a tutti i cittadini (al centro commerciale Il Gabbiano hanno distribuito i flaconi per la raccolta), ma il punto di raccolta in Piazza del Popolo non si vede ancora. Intanto in città abbiamo cassonetti puzzolenti e conferiamo in discarica qualunque porcheria, mentre con l’ampliamento TP all’orizzonte, si va a proliferare un pericoloso incrocio carbone-incenerimento rifiuti. Cui prodest? Chi guadagna da queste scelte anacronistiche e insensate? Non i cittadini. 

Ricordiamo inoltre che l’UE ha approvato una risoluzione che va nell’ottica di ridurre al minimo il conferimento in discarica e azzerare l’incenerimento nel 2020. Una strada contraria alla media italiana: discariche che vengono aperte a nuovo o ampliate, inceneritori che vengono costruiti da zero (vedi Parma, dove il neo-sindaco Pizzarotti si sta sbattendo giorno e notte per fermare questa scellerata decisione). L’Italia ha subìto una marea di sanzioni per l’argomento rifiuti e sono tutt’ora in corso un centinaio di procedure d’infrazione. Eppure la strada è semplice: porta a porta spinto, forte riduzione alla fonte, non commercializzazione di prodotti non riciclabili, compostaggio e re-immissione delle materie nel ciclo produttivo; il tutto assicura più posti di lavoro e un forte risparmio per la collettività. Ma si sa: il debito che viene scaricato sulle società è frutto di un profitto illegittimo di qualche sconosciuto (nel senso che magari è qualcuno di noto, ma non siamo in grado di sapere chi).

PS: il decreto Ronchi stabilisce anche la soppressione della TARSU e l’introduzione della TIA (Tariffa d’Igiene Ambientale), che dovrebbe permettere al cittadino di pagare solo sull’ammontare di rifiuti che manda in discarica e che non rientrano nel ciclo produttivo. A Savona, ovviamente, paghiamo ancora la TARSU.

Manuel Meles

dal blog ll cittadino frustrato


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