Qui le fabbriche cadono come mosche…

Qui le fabbriche cadono come mosche, fra discorsi retorici ed inutili,
capri espiatori e fuga dalle responsabilità.
Ci dimentichiamo fra l’altro un particolare, relativo alle istanze dei lavoratori e al pietoso ruolo dei sindacati. Le cose funzionavano e avevano un senso, finchè i lavoratori ragionavano in dialettica col padronato, e i sindacati li appoggiavano in questo, per chiedere migliorie salariali e di condizioni di lavoro, ma anche investimenti e garanzia di un futuro per la fabbrica, in una partecipazione attiva alla vita lavorativa (non necessariamente ostile e conflittuale), che bilanciava le esigenze puramente finanziarie della parte proprietaria.
 Da quando i lavoratori, e i sindacati più ancora, si sono messi oscenamente al servizio dei datori di lavoro, prestandosi a fare da scudi umani per ricatti e pressioni nei confronti della politica e della società, ogni qualvolta ritardavano casse integrazioni, autorizzazioni che non avrebbero dovuto esser date, finanziamenti a fondo perduto, permessi edilizi per scempi residenziali al posto delle fabbriche, e dei quali ai lavoratori arrivavano solo briciole contingenti, senza alcuna garanzia per il futuro, anzi, così bruciandolo del tutto, le cose sono arrivate a questo punto senza ritorno. Si sono consegnati mani e piedi legati agli speculatori, ai quali nulla importava, nè di loro nè del territorio. Così il tessuto produttivo è stato distrutto, e ora si cercano capri espiatori da additare alla furia popolare. Il vero coraggio sarebbe stato spezzare questa rete connivente e fare ciascuno la sua parte, lottare per qualcosa che avesse un senso e un futuro, non per interessi altrui, frutto di uno sciagurato ventennio in cui ci hanno convinti di essere tutti finanzieri, tutti imprenditori. Ora assistiamo a uno spettacolo miserando, in cui tutti abbiamo da perdere, e in cui i veri responsabili probabilmente la faranno franca
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