Porto di Savona-Vado: parole, protocolli e promesse. E intanto il presidente resta in vacanza

Non è un déjà-vu. È proprio lui: il viceministro Edoardo Rixi, tornato a Palazzo San Giorgio per dettare la linea (di galleggiamento) del porto di Savona-Vado. Il messaggio è chiaro: bisogna correre. Ma attenzione, correre “velocemente”– che è molto più rassicurante – verso infrastrutture, dighe, piani regolatori e, ovviamente, verso quella chimera mitologica che risponde al nome di nuovo presidente dell’Autorità Portuale.

Rixi lo dice con decisione: “La nomina arriverà prestissimo.” L’aveva detto anche a inizio marzo: “Entro aprile.” Peccato non avesse specificato di quale anno.

Nel frattempo, la gestione commissariale va avanti da nove mesi, come una gravidanza. Solo che qui, invece di un bel presidente in fasce, continuano a partorire nuovi tavoli tecnici, accordi quadro e visioni “di sistema”.

Nel suo intervento, il viceministro ha parlato di sinergia, di globalità, di sacrificio (ma solo per il futuro presidente), e soprattutto ha fatto un bell’elenco delle infrastrutture da realizzare. Il ponte di via alla Costa? Da rifare. La viabilità lungo il torrente Segno? Da sistemare. La vasca ex Tirreno Power? Da capire. Il Rio Lussu? Da mettere in riga. Insomma, una lista della spesa lunga quanto una manovra finanziaria. E tutta rigorosamente ancora da finanziare.

Poi è intervenuto anche il sindaco Russo, che in questi contesti non manca mai: è il nostro Forrest Gump della logistica. Ha parlato di “Savona e Vado come player globali” e ha ricordato Rino Canavese, giusto per dare un tocco di nostalgia anni 2000 e ribadire che una visione condivisa, in effetti, c’era. Un tempo.

Tutto bellissimo, tutto condiviso, tutto tempestivo. Anzi, “urgente”. Lo hanno detto tutti, in coro: bisogna fare presto. E infatti, per non perdere tempo, hanno firmato un altro protocollo d’intesa, che in gergo tecnico significa: “Aspettatevi almeno altri due anni di chiacchiere prima della prima pietra.”

Ma torniamo al punto dolente: il presidente. O meglio, il non presidente. Rixi ha chiarito: deve essere capace, non influenzabile, e possibilmente votato al sacrificio. Tradotto: chi accetta è pazzo o santo. Oppure è uno che ha perso una scommessa.

Intanto, dopo Signorini, travolto dalla famosa inchiesta “Liguria Connection”, si sono succeduti più commissari che in una serie Netflix. Piacenza si è dimesso dopo pochi mesi. Adesso c’è Seno. E un commissario aggiunto, giusto per non farsi mancare nulla.

In tutto questo, il porto lavora. Nonostante tutto. Tra un annuncio e l’altro, tra una visione condivisa e una sinergia da armonizzare, le navi continuano ad arrivare. Ma il timone, per ora, resta simbolicamente appoggiato sul tavolo di un qualche ufficio romano. A ricordarci che, quando si tratta di nomine importanti, l’Italia è il Paese dove si corre… sul posto.

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