Le prossime elezioni comunali di Genova dovrebbero rappresentare un’occasione imperdibile per il Partito Democratico. La vicenda giudiziaria che ha travolto il governatore Giovanni Toti ha indebolito il centrodestra, creando un varco potenzialmente favorevole al centrosinistra. Eppure, il PD sembra ancora una volta bloccato in un labirinto di veti interni, equilibri precari e assenza di una vera leadership.
A Genova come alle scorse regionali, il problema si ripete: il partito non riesce a individuare un candidato con reali possibilità di vittoria. Le personalità sulla carta non mancherebbero, anzi, ce ne sarebbero fin troppe. Il problema è che i loro nomi non scaldano gli animi, anzi, sembrano quasi spaventare lo stesso elettorato democratico. Un esempio su tutti? Roberta Pinotti, che circola insistentemente tra i possibili candidati ma che non suscita né entusiasmo né fiducia.
A questo punto, il dubbio sorge spontaneo: il PD non trova un candidato forte perché non esiste un nome valido, o perché non esiste più un partito capace di esprimere una visione chiara? Da anni il Partito Democratico ha smarrito la sua identità progressista, abbandonando le battaglie sociali per rifugiarsi in un pragmatismo senza anima.
A Genova, l’incapacità di proporsi come alternativa al centrodestra è evidente. Ma il caso più clamoroso è forse quello di Savona, dove il PD, invece che scegliere un candidato al suo interno, nel 2021 scelse di affidarsi a un sindaco democristiano, Marco Russo, e di appoggiarlo senza riserve nonostante una gestione amministrativa che si sta rivelando fallimentare. Il partito, invece di giocare un ruolo attivo e autonomo, sembra aver deciso di scomparire in una sorta di sudditanza politica autoimposta.
L’impressione è che il Partito Democratico preferisca l’opposizione al governo, forse perché governare significa assumersi responsabilità e scontentare qualcuno, mentre stare all’opposizione garantisce un comodo immobilismo.
A Savona, questa tendenza si è trasformata in un sostegno passivo a una giunta che sta accumulando errori su errori, senza che nessuno nel PD abbia il coraggio di alzare la voce. A Genova, invece, si assiste al consueto balletto di nomi e correnti, incapaci di trovare una figura che non sia frutto di compromessi al ribasso.
La verità è che il problema non è la mancanza di un candidato vincente. Il vero problema è che manca un partito in grado di essere una vera alternativa. E senza una vera alternativa, il rischio è che anche di fronte a un centrodestra indebolito, il PD resti sempre e comunque a guardare.