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Pensiero domenicale: La sanità non è sempre salute

Famiglia cristiana ha pubblicato un articolo in merito alla salute della sanità in Italia il quadro che ne emerge è davvero sconcertante: “4 milioni e mezzo di italiani rinunciano alle cure”.

Colpa spiega il settimanale cattolico di 21 sistemi sanitari diversi regione per regione e al fatto che spendiamo meno per la sanità rispetto alla media europea, nonostante abbiamo la popolazione più anziana d’Europa e dunque bisognosa di cure. E così i medici se ne vanno nel privato, i Pronto Soccorso scoppiano, 4 milioni e mezzo di poveri rinunciano a curarsi e a fare prevenzione.

La riforma del Titolo V della Costituzione avvenuta con la legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001 ha affidato la tutela della salute alla legislazione concorrente tra Stato e Regioni, delineando un sistema caratterizzato da un pluralismo di centri di potere e ampliando il ruolo e le competenze delle autonomie locali.

La spesa sanitaria in Italia è inferiore a quella di altri paesi perché più basso è il nostro Pil. Senza crescita economica, le risorse per il sistema sanitario possono arrivare da un recupero dell’evasione, da un aumento delle tasse o da nuovo debito. Il disegno di legge di bilancio 2024-2026 contro ogni ragionevole speranza, all’articolo 41 del Ddl stanzia 3 miliardi di euro per la sanità, che sommati ai 2,3 deliberati lo scorso anno, fanno 5,3 miliardi in più (+4,1 per cento). Paradossalmente, il finanziamento del disegno di legge (134 miliardi) supera la spesa tendenziale della Nadef (132,9 miliardi), segno che quest’ultima è poco credibile, anche perché quest’anno chiuderà già sui 135 miliardi.

Eravamo l’eccellenza mondiale in campo sanitario (ce la battevamo con la Francia) grazie a una riforma datata 1978, che garantiva la cura sanitaria per tutti, e invece, anno dopo anno ci siamo “americanizzati”. Se non hai i soldi non ti curi, come in America. Sono aumentate le assicurazioni sanitarie per prenotare da privato e ovviare alle liste d’attesa pubbliche che durano mesi

In Liguria le cose non vanno bene, a fronte di un decadimento del prodotto sanitario (alzi la mano chi non ha passato un’odissea in qualsiasi PS Ligure) nonostante il personale medico infermieristico tecnico faccia il possibile e l’impossibile per salvare il salvabile; il buco sta diventando una voragine Senza fondo.

Piana. Gratarola e Ansaldi

Si è tenuto un vertice, tesissimo, in Regione per chiedere un taglio drastico alle spese sanitarie, «altrimenti il buco a fine anno sarà ampiamente oltre i 200 milioni», hanno detto, senza giri di parole i vertici della Regione e della Sanità in Liguria ai direttori generali di Asl e aziende ospedaliere venerdì scorso. C’erano il presidente della Regione pro tempore, Alessandro Piana, l’assessore regionale alla Sanità, Angelo Gratarola, e il direttore generale di Alisa, Filippo Ansaldi.

La situazione è davvero allarmante, non poteva che essere altrimenti.

Dopo quasi 20 anni di tagli e chiusure, (perché non possiamo dimenticare che a dare il via allo smantellamento della sanità ligure fu la giunta Burlando a guida PD), purtroppo chi sperava in un inversione di tendenza con l’amministrazione Toti è rimasto amaramente deluso, la contrazione i tagli il depauperamento di servizi e reparti è continuato senza sosta.

Non è neppure servito il COVID a dimostrare che la sanità era a pezzi, infatti non appena terminata l’emergenza ha ripreso l’attività di ridimensionamento della Sanità ligure.

A tale proposito a novembre sono quattro anni che il punto nascite nel Dea di secondo livello a Santa Corona è chiuso.

Purtroppo ne vedremo ancora delle belle, in quanto la situazione che si sta delineando è di un buco che va chiuso e chiaramente per farlo sappiamo dove andranno a parare.

La domanda sorge spontanea fino a quando i cittadini sopporteranno tutto ciò?

Ai posteri l’ardua sentenza.

 

Roberto Paolino

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