Pensiero Domenicale: Il ruolo degli autonomisti

Le elezioni per rinnovo del consiglio regionale in Liguria sono ormai alle porte, movimenti di truppe, partiti mobilitati, candidati proposti o imposti.
Due schieramenti centro destra e centro sinistra che stanno cercando intese tra presunti campi larghi o coalizione che rappresentano il centro destra.
Nella nostra terra ed è la seconda volta che accade si va al voto con il Presidente in carica inquisito.
Chi lo difende a spada tratta, riesumando le sempre attuali “toghe rosse” e chi sui problemi giudiziari di Toti intende speculare.
Programmi progetti politici per rinnovare una Regione che ha subito per oltre 20 anni il mal governo prima del PD e oggi del cosiddetto centrodestra non se ne parla.
Si sente solamente parlare di candidature spartizione del potere ma mai della Liguria e men che meno dei Liguri.
Eppure la Sardegna dovrebbe essere lì a dimostrare che Salvini, Meloni e compagnia bella si possono battere se si fanno le cose seriamente e con un progetto chiaro.
L’indipendentismo sardo è sempre stato un arcipelago molto vario. Accomunato da un unico obiettivo, quello dell’autodeterminazione di una regione percepita come nazione, diviso sui modi per arrivarci, con scissioni e liti velenose che alla causa di certo non hanno contribuito.
Quando nei primi anni Duemila il partito fondato da Emilio Lussu ha svoltato a destra, la componente di sinistra è uscita fuori.
«È per dare una prospettiva di sinistra al movimento per l’autodeterminazione del popolo sardo – dice Lucia Chessa – che noi siamo nati. In questa direzione abbiamo lavorato anche per le regionali. All’inizio, insieme con forze storiche dell’indipendentismo sardo (Indipendentzia Repubrica de Sardigna e ProGres) e insieme con forze di sinistra sensibili al tema dell’autodeterminazione (Rifondazione comunista e Potere al popolo).
La Liguria potrebbe essere la prosecuzione di un Laboratorio politico iniziato in Sardegna.
Penso che ormai sia chiaro a tutti che Salvini e Vannacci non rappresentano né gli indipendentisti né tantomeno i federalisti.
Ed è altrettanto chiaro a tutti che la destra centro meloniana sia e rappresenti il centralismo più convinto. Leggi come quelle di Calderoli sono e restano un’elemosina che i centralisti elargiscono per tenere buono il Nord che sempre più è una pentola a pressione che sta per scoppiare.
Perché questa lunga premessa?
E semplice perché le responsabilità del fallimento federalista è di facile attribuzione:
La vera colpa storica della Lega consiste nell’aver permesso che si ricreasse quel blocco sociale che costituisce il filo nero della storia italiana e che ne controlla, da sempre, gli apparati dello stato.
La Lega, non solo ha permesso che tale coalizione si ricostruisse (dopo che lo shock del 1992-93 l’aveva fatta traballare) ma ha financo incoraggiato la sua degenerazione. Perché, come l’evidenza di questi ultimi anni dimostra, oramai parti sostanziali dello stato italiano, dei partiti che lo governano oggi ed anche dei partiti che, dall’opposizione, si preparano a governarlo dopodomani, opera ai margini dei principi liberal-democratici.
Per cui diventa importante capire se si può aprire un serio dibattito con le forze di centrosinistra e quali spazi possiamo conquistare noi autonomisti.
Ricordo ai miei amici federalisti che noi non siamo ne di destra ne di sinistra e che abbiamo il dovere di parlare con tutti.
La Liguria può essere la prosecuzione dell’ottima esperienza in Sardegna per garantire che si riporti la nostra regione in un terreno di legalità e prospettiva di crescita.

Roberto Paolino

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