Nove capitoli, un po’ di tutto: sanità, lavoro, industria, sostenibilità. C’è anche un accenno al Terzo Valico, perché, diciamolo, un programma senza infrastrutture sembra un po’ vuoto, come un piatto di trofie senza pesto. Però, sulla Diga del porto di Genova… silenzio. Ma lo staff chiarisce: “Queste opere devono andare avanti, senza che noi le citiamo ogni volta”. Chiaro, no?
Il programma è, come piace dire a chi fa politica, un “documento in divenire”. Insomma, c’è ancora spazio per qualche modifica dell’ultimo minuto, o per aggiungere un paragrafo qua e là. E come è stato scritto? Non in un ufficio chic con pochi eletti a discutere, no! Ma con il contributo di “migliaia di liguri”. Sì, proprio così, tutti insieme, via email e con incontri provincia per provincia. Un’idea molto partecipativa, che fa quasi pensare a un grande brainstorming collettivo.
Quattro le parole chiave del programma: rigenerare, innovare, curare e redistribuire. Parole potenti, vero? Suonano un po’ come lo slogan di una start-up, ma in fondo stiamo parlando di politica. “La Liguria ha bisogno di un cambiamento immediato” afferma Orlando, senza mezzi termini. Il suo motto? “Fare per bene”. Che significa? Proposte concrete, da attuare subito, accanto a visioni a lungo termine. In altre parole, vogliamo tutto, e lo vogliamo anche subito, ma con calma.
Infine, la domanda delle domande: “Quale Liguria vogliamo nel 2030?”. E qui arriva la risposta, come in una pubblicità di qualche futuro ipertecnologico: una Liguria produttiva, sostenibile, connessa, verde, lungimirante, attrattiva, giusta e libera. Praticamente, una Liguria da cartolina. Il tutto, ovviamente, grazie a un governo trasparente e partecipativo, dove ogni cittadino può dire la sua, magari via email o con un clic su un form online. Savonesi non vi ricorda qualcosa e qualcuno?
Insomma, Orlando ci invita a immaginare una Liguria che guarda lontano. Speriamo solo che se vince, non imiti anche nei fatti l’attività dell’ amministrazione di Savona