OCV

ORA BASTA.
La chiusura annunciata dello stabilimento OCV (meglio conosciuto come ex Vitrofil ) è l’ennesima dimostrazione del fallimento di una classe politica e sindacale.
La nostra classe politica savonese,  alle prese con le innumerevoli speculazioni edilizie, non ha pensato minimamente alla sorte dei lavoratori.

Di Tullio, segretario PD…

…che urla contro la maggioranza vadese è semplicemente diabolico. Non vogliamo entrare nel merito qui,  ma  semplicemente dare un consiglio letterario.

I savonesi, che ancora non lo abbiano fatto, leggano il libro di Lugaro “ Il fallimento perfetto”,  su questo saggio sono riportate numerose delucidazioni sul ruolo di molti nostri personaggi pubblici, tra cui appunto il citato “leader”.

OCV si aggiunge alla Centrale del Latte e alla FAC in totale sono circa 300 le famiglie che rischiano o hanno perso un salario, una voragine, un sentiero aperto sullo sconforto.

I sindacati  confederali sono altrettanto colpevoli. Con la loro concertazione vergognosa non hanno combinato, nulla anzi  sono riusciti a schierarsi in molti casi contro l’interesse pubblico, si veda per chiarire la questione Tirreno Power.

La Fac e la Centrale del latte chiariscono ancora meglio della OCV , la natura della crisi industriale.

Queste due aziende non hanno problemi di mercato, tutt’altro agiscono su  settori in forte , fortissima crescita, ma le aree dove sono insediate hanno un valore infinitamente superiore al loro fatturato.

 I proprietari quindi vogliono semplicemente ottenere un utile sicuro e poco faticoso vendendo le aree per ulteriori (ed inutili ) speculazioni edilizie.

Si blocchi per sempre con un vincolo non superabile le aree ad attività industriali e vedrete che in poco tempo tutto rientrerà.

Sul fronte invece delle lotte dei lavoratori bisogna appunto superare la concertazione, siano gli operai, i lavoratori, unica classe realmente operativa a controllare queste aziende tramite la nazionalizzazione delle fabbriche senza indennizzo e con controllo operaio.

Quindi non solo salvare il posto di lavoro ma superare lo sfruttamento ormai sempre più insostenibile. Questa per noi è la risposta allo storico e sempre attuale “ Che fare”.

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