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MATTIA ZUNINO RISPONDE AD ANDREA CASTELLINI

MATTIA ZUNINO RISPONDE AD ANDREA CASTELLINI

Caro Andrea, ti sbagli

Ho letto con interesse il tuo articolo apparso su …uominiliberi.eu e penso che le cose purtroppo, o per fortuna, non stiano così.

I giovani si interessano sempre meno di politica e, stando a quanto scrivi, la colpa risiederebbe nei politici in generale, in questa “Ka$sta” (si scrive così?) di intoccabili, sconosciuti ai più e, quando conosciuti meglio, generalmente e abilmente evitati.

Personalmente credo che sia la patologia che tu individui, sia la sua diagnosi, non possono che essere sbagliate. E lo sono non tanto in se stesse, il merito lo lascio valutare a chi leggerà queste righe, è sbagliato (e pericoloso) il ragionamento che le sostiene perché non può che sbattere inevitabilmente contro il muro dei fatti. Ma andiamo con ordine.

Mattia Zunino e Andrea Castellini

 Sostieni che i giovani non si interessano più di politica. Non è vero. Credo che si interessino oggi molto più che in passato.

In questo paese come in molti altri paesi a “democrazia avanzata”, e Savona non fa eccezione, la politica viene vissuta moltissimo anche dai giovani, spesso inconsapevolmente. Indignarsi per le ingiustizie leggendo un giornale o sentendo una notizia al TG della sera, anche per sbaglio, è politica. Una status facebook di denuncia, di richieste di chiarimento all’amministratore di turno, si anche magari di attacco, è politica.

Le decine di rappresentanti di classe, di istituto a modo loro fanno politica.

Elaborare nella propria testa un giudizio, un’opinione su un problema, che sia la fame nel mondo o la piastrella del marciapiede è politica. Un “like” ad un post facebook o un re-tweet a riguardo di un problema (l’esempio della mattonella vale sempre) è Politica.

Un post su questo blog o su altri, sia leggerlo, sia tanto più scriverlo è Politica.

Paradossalmente rifiutare la politica in toto, rifiutare la sua struttura del potere, i suoi rappresentanti è un’azione politica, un’azione di una forza spesso sottovalutata. Sono tutte azioni politiche perchè in un modo o nell’altro portano ad elaborare un giudizio, e ripeto, spesso non ce ne rendiamo nemmeno conto.

La politica oggi dunque è forse più presente che in passato, ma si declina in forme che non riusciamo più a ricondurre alle vecchie categorie “novecentesche”.  Non si può ricondurre tutto alla tessera di un partito nel portafogli, alle assemblee, ai comitati, tanto meno ai meet-Up. Oggi la politica si articola sempre di più attraverso forme “non convenzionali” e la rete in questo è un volano straordinario. No, non starò a fare l’apologia della rete o dei social-media, perché la questione è più complicata e perché al netto dei numerosi lati positivi questi nuovi strumenti hanno anche lati negativi. 

Personalmente credo ne abbiano molti, due su tutti: il rifiuto della complessità dei problemi e la solitudine che favoriscono.
I giovani dunque, più o meno come tutti, si interessano di politica, e come dicevo poco fa spesso lo fanno senza nemmeno rendersene conto.
Dunque il punto, secondo me, è diverso, il problema deve stare da qualche altra parte.
Quello che credo, avendo girato un po’ questo paese, avendo incontrato centinaia di ragazzi in questi tre anni, è che molti, moltissimi non credono di poter fare la differenza.

In altre parole soprattutto i giovani vanno perdendo la fiducia di poter, con la loro azione organizzata incidere sui processi, partecipare al potere, cambiare realmente la propria vita e quella della comunità che li circonda. Si interessano di politica, ma rifiutano la responsabilità del potere. Rifiutano di mettere se stessi in prima linea e restano alla finestra con il ditino alzato, “mugugnando” (per usare un’espressione a noi cara), ma senza scendere in strada a sporcarsi le mani.

Perchè sì scendere in strada è fatica, perchè la prospettiva che si ha quando si inizia a capire qualcosa è che non si è capito un bel niente, perchè i problemi per risolverli (o anche solo per provarci) sono sempre più complicati di come sembravano osservati dal di fuori.

Non entro troppo nel merito della tua diagnosi del problema, non credo che la colpa sia “solo” dei politici che ci rappresentano oggi. I politici generalmente in democrazia sono lo specchio di chi rappresentano, ma capisco che qui il si andrebbe per le lunghe e, vista la mia totale incapacità di sintesi, avrei bisogno di molto più spazio, molto più tempo.

Provo a dirla in una battuta, al netto del giudizio sul presente e sul passato. Se “i politici che siedono sulle loro comode poltrone” non vanno bene, la questione non può limitarsi a quel ditino alzato alla finestra, serve fare un passetto in più: entrare nella mischia per scrivere il futuro.

Il mio giudizio, certo parziale, su “quei politici che siedono da qualche parte” è più complesso del “devono andarsene” anzitutto perchè la retorica del “cambiamoli tutti” ha portato nel 2013 politici molto peggiori rispetto al passato. La frattura nuovo-vecchio che va costruendosi sulla rappresentanza non è una frattura che mi convince. Ma su capisco che la mia storia di militanza, di attivismo, possa costringermi su un giudizio di parte quindi ve lo risparmio.

Tutto questo, caro Andrea per dire cosa?

Tu richiami in conclusione l’organizzazione Giovanile del PD, i Giovani Democratici, disegnandoci come dei burattini o delle statuine i cui fili stanno nelle mani di soggetti terzi. No, non siamo questo nè lo saremo mai. Abbiamo i nostri limiti, è vero. Dovremmo fare di più, è vero In sintesi commettiamo e abbiamo commesso errori, come ogni persona, e continueremo a sbagliare, ma sbaglia solo chi ci prova e con quei ragazzi ci proviamo ogni giorno. Perchè è questo il terreno dello scontro, non la comoda finestra dell’indignazione, ma la strada piena di buche dell’azione organizzata. Ce la faremo?

Riusciremo a portare le nostre idee e a rinnovare il Partito in cui militiamo convintamente?

Forse si, forse no. Questo non posso saperlo e per onestà intellettuale non voglio fregare nessuno dicendo che siamo i “più fighi del mondo” e che non possiamo non farcela. Ma una cosa la so per certo.

Quello che conta in un viaggio non è tanto la meta, ma il viaggio stesso ed i compagni che si incontrano lungo il cammino ed in questo cammino, benchè impervio, è affascinante e i compagni di strada meravigliosi.

Mattia Zunino

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