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Manie di grandezza e serio rischio di dumping

da http://www.ship2shore.it/italian/articolo.php?id=10415 …….. Nei Piano Operativi Triennali delle Autorità Portuali italiane esistono, però, molti altri progetti infrastrutturali che, se portati effettivamente a termine, moltiplicheranno l’offerta portuale del nostro Paese. In un convengo dedicato alla portualità organizzato recentemente dall’Unione Industriali di Napoli è emerso che se tutti i progetti terminalistici proposti in vari scali italiani venissero realizzati, nel 2027 l’Italia avrebbe una capacità di movimentazione container pari a 37 milioni di TEUs (quattro volte la domanda di movimentazione container del 2011). Un’immaginaria circumnavigazione della penisola offre in effetti una panoramica abbastanza emblematica: a Vado Ligure sono partiti i lavori per la Piattaforma Maersk (valore dell’opera 450 milioni di euro, di cui 300 pubblici), a Genova sono in corso i riempimenti per Calata Bettolo (120 milioni di euro di cui 100 finanziati dalla Bei) e fra i moli Ronco e Canepa (altri 40 milioni pubblici) mentre a La Spezia il terminalista Contship Italia ha messo sul piatto 200 milioni di euro per ampliare il La Spezia Container Terminal. Se a Livorno stanno lentamente svanendo i sogni di vedere realizzata la Darsena Europa, a Civitavecchia procedono invece a pieno ritmo le opere per la realizzazione della nuova Darsena Traghetti (198 milioni di euro) mentre a Fiumicino sorgeranno nuovi attracchi per navi da crociera (previsti lavori per 60 milioni di euro). Napoli sogna il Terminal Container del Levante (154 milioni di euro) mentre Augusta non trova investitori interessati al progetto del terminal container (oltre 50 milioni di euro d’investimenti previsti). Stesso destino rischia di attendere anche il terminal di transhipment studiato per Porto Torres (160 milioni di euro) così come a Taranto sono attualmente in stand-by sia la Piastra Logistica (200 milioni di euro) che i dragaggi e le altre opere infrastrutturali previste (già stanziati 260 milioni di euro pubblici). Mentre Gioia Tauro ha pubblicato il bando di gara per un nuovo scalo ferroviario (40 milioni di euro), a Ravenna procede con fatica il disegno di un nuovo terminal container (200 milioni di euro in due fasi) così come in Nord Adriatico non decolla il previsto raddoppio del Trieste Marine Terminal (120 milioni di euro). A Venezia, infine, solo l’abilità del presidente Paolo Costa ha permesso di trovare dai fondi stanziati per il Mose 100 milioni di euro da destinare al progetto del porto-offshore (1,3 miliardi di euro). Questo proliferare di nuovi faraonici progetti infrastrutturali è il risultato di un mancato coordinamento centrale e non ha fatto i conti con un Paese che nel 2011 ha movimentato (dati Assoporti) 478 milioni di tonnellate di merce di cui 101 milioni in container (pari a 9,5 milioni di TEUs, l’unità di misura del container da 20 piedi)………. da http://www.inail.it/Portale/appmanager/portale/desktop?_nfpb=true&_pageLabel=PAGE_SALASTAMPA&nextPage=Per_i_Giornalisti/Rassegna_Stampa/Indice_Cronologico/2012/Novembre/15/SETTORE_MARITTIMO/info44691676.jsp MERLO: “TROPPI TERMINAL PORTI REGIONALI A RISCHIO CAOS” IL PRESIDENTE: «COSÌ GLI SCALI IMPLODONO» MERLO: «TROPPI TERMINAL PORTI REGIONALI A RISCHIO CAOS» GENOVA. «Il rischio è che tra il 2017 e il 2018 il sistema dei porti liguri imploda». Prospettiva poco attraente, ma comunque dietro l`angolo se le regole che ordinano le banchine rimangono quelle attuali. Ne è convinto il presidente del porto di Genova (e numero uno di Assoporti) Luigi Merlo. Il problema posto ieri, in occasione di uno degli incontri organizzati da Primocanale per celebrare i 30 anni di attività dell`emittente tv – è fin troppo chiaro. I tre scali liguri stanno portando avanti piani di sviluppo autonomi, sovradimensionati rispetto alle aspettative di traffico dei prossimi anni. I vari riempimenti pianificati a Genova, la piattaforma Maersk a Vado, gli importanti investimenti di Contship alla Spezia. Tutte opere che dovrebbero essere pronte entro il 2017. Se i traffici però dovessero rimanere a livelli attuali «il rischio, che si sta già concretizzando adesso, è quello di una concorrenza non competitiva, ma conflittuale tra porti». Dumping insomma, perdipiù giocato sui buchi delle norme che regolano le banchine italiane. Merlo fa tre esempi, che riguardano le di- verse applicazioni delle regole da porto a porto: Imu da far pagare ai terminalisti, ore di lavoro, autoproduzione per i traghetti. Se manca un coordinamento centrale, «il prezzo che pagheremo sarà durissimo»…………

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