Ma cos’ hanno in testa i nostri politici e sindacalisti?

La crisi economica che stiamo attraversando è una crisi da sovrapproduzione 
 intrinseca del capitalismo, come già la crisi del ’29

 

Non si può pensare di risolverla producendo di più, (Più automobili? Negli anni ’60 in Italia c’ erano meno di 2 milioni di auto,

oggi ce ne sono 36 milioni: possiamo pensare di uscire dalla crisi producendo più auto?). 

No, non si può pensare di uscire dalla crisi producendo più automobili, nè più centrali a carbone, piattaforme che non servono a nulla, porticcioli turistici per miliardari, grandi opere come la TAV o il ponte sullo stretto: produrranno solo una fiammata di occupazione, cui farà seguito una situazione peggiore di prima.

 

Il nostro territorio sarà sempre più legato a filo doppio al carbone e al cemento.

L’ inquinamento aumenterà sempre più la spesa sanitaria legata anche all’ invecchiamento delle persone… quale sarà la soluzione della crisi dei prossimi 10 anni?  Ampliare ulteriormente la centrale a carbone?  costruire un’ altra piattaforma?  fare altri porti per miliardari sempre più ricchi in un mondo sempre più povero?

 

Ma cos’ hanno in testa i nostri politici e sindacalisti?

 

Non hanno ancora capito che i vari Pasquale,  Gosio e Marchionne ci stanno portando alla

rovina, che la loro ricchezza si basa sull’ esternalizzazione dei costi di produzione sugli operai, sui consumatori, sui bambini, sul sistema sanitario, su quel poco di stato sociale che ci rimane?

Non hanno capito che l’ angoscia della crisi è legata in parte alla dipendenza assoluta che abbiamo dal lavoro salariato, che ci serve per comprare le cose che produciamo, di cui spesso non abbiamo alcun effettivo bisogno?

 

Non c’è più terra, non ci sono più orti, dobbiamo comprare tutto quello che ci serve per vivere: come faremo quando la crisi morderà ancora più ferocemente?

 

Prima al posto della centrale a carbone c’ erano orti a perdita d’ occhio, molti coltivavano ciò che mangiavano e vendevano le eccedenze per comperare quel poco  che gli mancava,

per vivere magari in maniera frugale ma dignitosa, e forse più felice.

 

Oggi in Liguria oltre il 50% del territorio coltivabile  è cementificato, e il cemento non si mangia, e non si può coltivare.

 

Con questo tipo di economia non c’ è futuro, il carbone darà sempre meno lavoro (t. p.

ha continuato a “dimagrire”  negli ultimi decenni, anche se ha raddoppiato la potenza, perchè ha aumentato la produttività).

 

Il trasporto di merci a grandi distanze non ha futuro, e questo è particolarmente vero

adesso che ci troviamo in un momento di crisi cronicizzante.

 

Bisogna puntare su produzioni diverse,  rispettose dell’ ambiente e della salute

delle persone, bisogna ridurre l’ oriario di lavoro, diminuire la produzione di merci inutili

ed aumentare quella di beni.

 

Bisogna puntare sul risparmio energetico, e questo evidentemente non si ottiene certo con l’ ampliamento della centrale a carbone, bisogna ridurre la cementificazione, ma non certo  costruendo una piattaforma di cemento di 260mila metri quadrati.

 

Bisogna paritre con l’ energia pulita, rinnovabile, con la manutenzione degli edifici al fine di diminuirne l’ enorme costo energetico, bisogna  investire sull’ agricoltura biologica e sul turismo.

Bisogna ridurre la produzione di rifiuti e investire nella raccolta differenziata, che porta lavoro, e non sugli inceneritori, che portano morte.

 

Bisogna investire sulla salute, riducendo i costi sanitari dovuti all’ inquinamento.

 

Paolo Franceschi

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Ma cos’ hanno in testa i nostri politici e sindacalisti?

La crisi economica che stiamo attraversando è una crisi da sovrapproduzione 
 intrinseca del capitalismo, come già la crisi del ’29

 

Non si può pensare di risolverla producendo di più, (Più automobili? Negli anni ’60 in Italia c’ erano meno di 2 milioni di auto,

oggi ce ne sono 36 milioni: possiamo pensare di uscire dalla crisi producendo più auto?). 

No, non si può pensare di uscire dalla crisi producendo più automobili, nè più centrali a carbone, piattaforme che non servono a nulla, porticcioli turistici per miliardari, grandi opere come la TAV o il ponte sullo stretto: produrranno solo una fiammata di occupazione, cui farà seguito una situazione peggiore di prima.

 

Il nostro territorio sarà sempre più legato a filo doppio al carbone e al cemento.

L’ inquinamento aumenterà sempre più la spesa sanitaria legata anche all’ invecchiamento delle persone… quale sarà la soluzione della crisi dei prossimi 10 anni?  Ampliare ulteriormente la centrale a carbone?  costruire un’ altra piattaforma?  fare altri porti per miliardari sempre più ricchi in un mondo sempre più povero?

 

Ma cos’ hanno in testa i nostri politici e sindacalisti?

 

Non hanno ancora capito che i vari Pasquale,  Gosio e Marchionne ci stanno portando alla

rovina, che la loro ricchezza si basa sull’ esternalizzazione dei costi di produzione sugli operai, sui consumatori, sui bambini, sul sistema sanitario, su quel poco di stato sociale che ci rimane?

Non hanno capito che l’ angoscia della crisi è legata in parte alla dipendenza assoluta che abbiamo dal lavoro salariato, che ci serve per comprare le cose che produciamo, di cui spesso non abbiamo alcun effettivo bisogno?

 

Non c’è più terra, non ci sono più orti, dobbiamo comprare tutto quello che ci serve per vivere: come faremo quando la crisi morderà ancora più ferocemente?

 

Prima al posto della centrale a carbone c’ erano orti a perdita d’ occhio, molti coltivavano ciò che mangiavano e vendevano le eccedenze per comperare quel poco  che gli mancava,

per vivere magari in maniera frugale ma dignitosa, e forse più felice.

 

Oggi in Liguria oltre il 50% del territorio coltivabile  è cementificato, e il cemento non si mangia, e non si può coltivare.

 

Con questo tipo di economia non c’ è futuro, il carbone darà sempre meno lavoro (t. p.

ha continuato a “dimagrire”  negli ultimi decenni, anche se ha raddoppiato la potenza, perchè ha aumentato la produttività).

 

Il trasporto di merci a grandi distanze non ha futuro, e questo è particolarmente vero

adesso che ci troviamo in un momento di crisi cronicizzante.

 

Bisogna puntare su produzioni diverse,  rispettose dell’ ambiente e della salute

delle persone, bisogna ridurre l’ oriario di lavoro, diminuire la produzione di merci inutili

ed aumentare quella di beni.

 

Bisogna puntare sul risparmio energetico, e questo evidentemente non si ottiene certo con l’ ampliamento della centrale a carbone, bisogna ridurre la cementificazione, ma non certo  costruendo una piattaforma di cemento di 260mila metri quadrati.

 

Bisogna paritre con l’ energia pulita, rinnovabile, con la manutenzione degli edifici al fine di diminuirne l’ enorme costo energetico, bisogna  investire sull’ agricoltura biologica e sul turismo.

Bisogna ridurre la produzione di rifiuti e investire nella raccolta differenziata, che porta lavoro, e non sugli inceneritori, che portano morte.

 

Bisogna investire sulla salute, riducendo i costi sanitari dovuti all’ inquinamento.

 

Paolo Franceschi

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