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L’ORLANDO CURIOSO

Leggo di una presunta apertura del M5S a una coalizione con il PD e le altre forze di sinistra per le elezioni regionali 2025, nonché un apprezzamento all’ex ministro Orlando che mi lasciano allibito.
L’esperienza del 2020, ma non solo, dovrebbe aver insegnato che non si possono fare le nozze con i fichi secchi: una coalizione, larga o stretta che sia, si fonda su valori comuni, modalità di governo, finalità condivise. Questi tre elementi non possono essere lasciati al caso, perché magari vinci le elezioni, ma poi ti trovi a dover gestire processi interni ed esterni che renderanno del tutto disastrosa la conduzione della regione. La prova del nove, se vogliamo, sono stati proprio i governi che abbiamo sostenuto, peraltro come forza maggioritaria, dove al netto delle valutazioni personali di ciascuno di noi, si è passata la maggior parte del tempo a litigare con gli altri partner, a svilire l’Assemblea rappresentativa, a doversi rimangiare o rinnegare azioni o promesse.
La coalizione deve essere il mezzo per governare o amministrare, non uno strumento per vincere le elezioni, perché la finalità da perseguire è fare riforme per garantire che i cittadini possano godere di una sanità efficiente, trasporti pubblici di qualità, un uso del territorio razionale e tante altre cose che la Regione dovrebbe garantire e che vedono tanti liguri giustamente insoddisfatti. Se si pensa di dare per scontata l’alleanza, imponendo un nome, perché occorre una sommatoria elettorale, si compie un grossolano errore: in primo luogo per l’assenza di un terreno fertile comune ma, non secondariamente, perché queste coalizioni tenute insieme con il nastro di carta, anziché sommare voti li sottraggono. Non ci sarebbe miglior regalo per il Toti-ter o, in alternativa, per spianare la strada a un Rixi o a un nome di FdI.
Ed è difficile pensare di mettere insieme, solo perché accomunati dall’essere all’opposizione in regione, forze politiche che, in tutta la Liguria, ma anche in tutto il territorio nazionale, si sono fatte la guerra per 10 anni abbondanti e sono un po’ insieme e un po’ contro, nelle regioni, nei comuni, in Parlamento. Certo, ognuno ha la sua legittima identità e le sue posizioni, ma è del tutto evidente che manchi alla base qualcosa che accomuni, che consenta di avviare un percorso insieme per rendere efficace la coalizione non per la mera vittoria elettorale, ma per rispondere alle esigenze dei cittadini liguri. Il programma in questo modo sarà solo un insieme di promesse altisonanti e perlopiù irrealizzabili, volte a cercare di ottenere voti, salvo poi dover rimangiarsele per dissidi interni e vincoli esterni, e non avendo valori, metodi e finalità condivisi, si finirà solo per litigare e fratturare ulteriormente il rapporto tra le forze politiche e con i cittadini.
Il nome dell’ex ministro Orlando, auto-candidato, è proprio l’esempio di ciò che non funziona: un nome di chi frequenta ormai da troppo tempo i salotti romani, distante dalla realtà che vorrebbe governare, lontano dal poter unire: si è partiti da un nome che rappresenta i conti con il passato che il PD non ha mai voluto affrontare, anziché dalla costruzione di un percorso che vedesse le forze politiche lavorare insieme sul territorio per coltivare quel terreno da dove gli eventuali nomi potessero scaturire naturalmente ed essere portati al tavolo delle trattative, anzi, magari attraverso lo strumento delle primarie di coalizione che un tempo era tanto caro proprio al PD. Pensare che una coalizione regionale nasca su tavoli romani e venga negoziata da vertici e dirigenti, senza un processo che parta per tempo, e oggi è già probabilmente tardi, significa non avere rispetto per gli iscritti che, tra mille difficoltà, quelle forze politiche le tengono in piedi sui territori, che poi sono proprio quelli che, per fare campagna elettorale, dovrebbero metterci la propria faccia.
Personalmente, ritengo inopportuno per il M5S allearsi con il PD alle regionali: oltre alle ragioni appena espresse, anche perché fino a ricostruzione dell’identità, a un consolidamento e radicamento sul territorio, non ci sarebbe nemmeno un rapporto di forza bilanciato, ma soltanto un piccolo apporto in termini di voti, irrilevante per riuscire a vincere le elezioni o inconsistente per governare, sostanzialmente riflettendo ciò che negli anni sono stati prima Rifondazione e poi l’Italia dei Valori. Non credo che sarebbero molti gli attivisti che si spenderebbero sul territorio per poi assistere a questo destino.
Pensare di avvicinare partiti già di per sé distanti candidando un nome che, anziché ravvicinare, aumenta le distanze, peraltro anche all’interno del proprio partito di provenienza nel quale rappresenta stagioni negative e già bocciate più volte dagli elettori liguri, sarebbe nei fatti il migliore alleato del centrodestra e la plastica trasformazione del presunto campo largo in un vero camposanto

Manuel Meles Consigliere  comunale del M5S a Savona

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