LIGURIA: IGNAVIA E VOGLIA DI POTERE

LIGURIA: IGNAVIA E VOGLIA DI POTERE 

La Liguria non è più la terra:

“dove gigante è l’olivo e sfavilla di pampini al sole”.

La Liguria è la terra del più grande scandalo bancario italiano (CARIGE), del dissesto idrogeologico, delle infiltrazioni mafiose nella gestione dei rifiuti, di un tasso di disoccupazione tra i più elevati del Paese, delle infrastrutture in eterno ritardo, della deindustrializzazione che ha lasciato in eredità siti inquinati mai sottoposti a bonifica, della cementificazione selvaggia, dei componenti i gruppi consiliari regionali indagati (qualcuno anche condannato) per le “spese pazze”.

Una regione malgovernata da decenni, così come malgovernate sono state le sue principali Città.

Eppure gli artefici di questo malgoverno, di un soffocante sistema di potere, non esitano a tentare di riciclarsi ancora ai vertici della Regione, lanciando in pista famigli e sodali.

Tutta l’Italia ha assistito alla deprimente vicende delle primarie del PD, svoltesi nello scorso Gennaio, tra accuse di brogli, malversazioni, partecipazioni coatte al voto di nuclei organizzati di extracomunitari.

In questo gioco al massacro si è imposta la neofita renziana già assessora uscente e moglie del presidente dell’Autorità Portuale di Genova: un personaggio dalle dichiarazioni sfrontate proprio sul terreno dell’idea stessa della gestione del potere. Lo sconfitto, l’eterno secondo Sergio Cofferati…

non ha riconosciuto il risultato e ha sbattuto sdegnosamente la porta, rassegnando le dimissioni dal PD.

A quel punto grande entusiasmo a sinistra: è l’occasione d’oro, si può fare una lista di sinistra competitiva rispetto ai rappresentanti del malgoverno precedente.

Una sinistra, beninteso, sempre coinvolta in quel governo, nelle maggioranze e nelle giunte, i cui maggiorenti e rappresentanti, come massimo atto di coraggio nel corso di questi anni sono risultati assenti dalle aule dove il presunto centrosinistra votava i provvedimenti più spinosi.

Così è accaduto, per esempio, a primarie già concluse quando si è trattato di decidere sulla privatizzazione delle viste dei primari ospedalieri: un provvedimento così smaccatamente clientelare da trovare la contrarietà – addirittura – dell’assessore regionale alla Sanità Claudio Montaldo, vecchio sodale del “sistema” fin dai tempi del PCI, uomo dai mille incarichi che, in un lodevole sussulto di dignità, ha votato contro. Il rappresentante di Rifondazione Comunista, eletto con il “listino” dei nominati, naturalmente quel giorno non era presente in Aula. Così tanto per far capire come sono andate le cose nel concreto.

Torniamo però alla nostra sinistra: partenza con grande entusiasmo, ricordavamo, con forte fiducia anche nella “dissidenza” PD, in primo luogo verso i non meglio identificati “civatiani”.

Adesso, a distanza di quasi due mesi, qual è la situazione.

Tutto svanito, o meglio tutto contornato all’interno di piccoli gruppi di potere tendenti all’autoconservazione.

Da una parte l’area più movimentista (quella diciamo così in maggiore sintonia con la “coalizione sociale” di Landini e che sogna Podemos e Syriza) svolge le sue riunioni in Chiesa affidandosi a un parroco, don Farinella, che per prima cosa ha messo al bando i partiti e ha individuato la candidatura di un personaggio che è stato uno dei principali protagonisti del disastro ligure: l’ex-sindaco di La Spezia, Giorgio Pagano.

L’interrogativo è d’obbligo: quale elemento d’innovazione nella qualità di governo può portare un soggetto che, in questo quadro così disastrato dal sistema di potere appena descritto, ha governato per 10 anni la seconda città della Regione, avendo come assessore proprio l’attuale presidente dell’Autorità Portuale di Genova e come segretaria proprio la vincitrice delle primarie del PD?

Dall’altra parte, quella diciamo così più “partitista” e legata a Sel (partito che se n’è stato quietamente nella maggioranza uscente, subendo anche qualche transumanza) non riesce ad accordarsi con l’ala movimentista e propone, quindi, una candidatura alternativa nella figura di un sindacalista della funzione politica.

Il Movimento 5 Stelle naturalmente ha rifiutato la possibilità di una candidatura unitaria con la sinistra e si appresta a giocare il solito ruolo di apparente (ma soltanto apparente) contrasto di un esistente che, invece, è benissimo accettato.

Ma la saga a sinistra non è finita. Citiamo da un noto blog savonese” oggi ci giunge la notizia che un’altra parte della sinistra, riunita in una associazione, si presenterà alle prossime elezioni con una lista in appoggio alla candidata del PD. Tra qualche giorno ci sarà la presentazione ufficiale. Gli ideatori e leader di questa lista sono gli assessori regionali Enrico Vesco e Matteo Rossi.

A Savona il coordinatore è Luca Martino che ha coinvolto parte di Rifondazione e SEL”.

I personaggi protagonisti di questa ulteriore vicenda meritano attenzione perché Enrico Vesco, già segretario dei Comunisti Italiani, è stato assessore nominato dall’esterno (assessore alla cassa integrazione da erogare ai tanti lavoratori delle aziende in crisi) senza essere stato eletto da alcuna parte mentre Matteo Rossi è stato uno dei protagonisti della transumanza interna a Sel: transumanza che gli ha fatto ottenere l’assessorato.

Sembra incredibile poi la notizia riguardante il coordinatore savonese di questa “Sinistra pro Paita”: Luca Martino, infatti, è assessore di lungo corso del PD, già corrente “franceschiniana” (come si farà poi a essere “franceschiniani” è un mistero) e protagonista di alcuni episodi di natura giudiziaria fin dalla fine degli anni’90.

Una notizia questa di Martino che meriterebbe conferma: nel qual caso risulterebbe davvero clamorosa.

Questa la situazione della sinistra in Liguria che abbiamo definito, con qualche benevolenza, di ignavia e di voglia di potere.

Spaccature che non hanno nulla di politico, nulla di contenuti programmatici, ma soltanto di mantenimento e/o acquisizione di potere personale e di piccolo gruppo.

A nessuno viene in mente di proporsi di muoversi sul terreno dell’opposizione, in nome di un progetto radicalmente alternativo, di contenuti collegati direttamente alle durissime contraddizioni sociali esistenti in questa terra martoriata e alle lotte che i settori più deboli conducono in condizioni di grande difficoltà materiale e politica.

C’è da confessare di vergognarsi un po’ nello scriverne: eppure è necessario tanto per cominciare a verificare la condizione di qualche coscienza.

FRANCO ASTENGO

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