Lavoro e crisi dei sindacati (confederali)

Secondo il recente studio “La mappatura regionale della rappresentanza sindacale”  elaborata dall’istituto di ricerca economica e sociale Demoskopika, due dei tre principali sindacati italiani verserebbero in una profonda crisi di iscritti, in due anni, tra il 2015 ed il 2017, la CGIL  accuserebbe un calo tra gli aderenti di 285mila unità, mentre il calo di tesserati della CISL si attesterebbe a 188mila unità. La UIL parrebbe in leggera controtendenza con 26mila tessere staccate in più. La notizia è stata ripresa dai principali organi di informazione ed agenzie di stampa, creando diverse polemiche (LEGGI).

La CGIL contesta i dati ed affida la sua presa di posizione ad una nota stampa, dove si sottolinea che nel 2017 il sindacato di corso d’Italia, 25 “ha chiuso il proprio tesseramento con 5.518.774 iscritti (+1,04% rispetto al 2016 e +0,66% rispetto al 2015), cui corrispondono altrettante deleghe sottoscritte”. La CGIL contesta altresì la scientificità del metodo di elaborazione utilizzato dall’istituto Demoskopika.

Ugualmente, la CISL, esterna il suo dissenso tramite una nota stampa, in cui dichiara che gli iscritti certificati nel 2017 sono 4.040.823, sottolineando inoltre che “pur perdurando la crisi economica ed occupazionale, la Cisl tiene in tutti i settori produttivi ed ha registrato nel triennio 2015-2017 un aumento dei propri iscritti tra i lavoratori attivi di 10.206 persone.”

Gli aumenti nel numero degli iscritti ad un sindacato, possono anche essere messi in relazione a fenomeni di clientelismo, dove si possono assistere a movimenti di tessere da una sigla ad un’altra, in cambio di vantaggi o presunti tali per gli iscritti, a fronte, ad esempio, di richieste di incentivi o favori di varia natura. In questa logica, non è da escludere che la UIL, nel 2018, potrà dichiarare un incremento di iscritti. Il caso AMA di Roma, dove un sindacalista campione di preferenze ha deciso di transitare dalla CISL alla UIL Trasporti (LEGGI), a seguito di alcuni scandali, potrà probabilmente essere fonte di nuovi iscritti per la UIL. Sicuramente, la nostra provincia, non è immune dalle logiche opportuniste qui brevemente descritte.

Tra gli altri motivi della disaffezione di molti lavoratori dalla trimurti sindacale, oltre ai fenomeni di malcostume ed opportunismo brevemente accennati sopra, bisogna tenere in considerazione che vengono difesi, più che altro, i diritti acquisiti, ossia quei diritti posseduti dai lavoratori con maggiore anzianità.

È molto probabile che con la precarizzazione del mondo del lavoro, quei lavoratori poco tutelati dalle attuali forme di contratto, che hanno orizzonti temporali di occupazione di pochi giorni, settimane o mesi (i più fortunati), non si iscrivano neppure al sindacato, anche per il timore di esporsi troppo e non vedersi rinnovato il contratto.

La difesa dei diritti acquisiti va sicuramente di pari passo col fatto che molti dirigenti sindacali sono ormai assimilabili a dei burocrati, stipendiati dal sindacato in cui prestano servizio, spostati da una poltrona ad un’altra, una volta esaurito il tempo massimo di permanenza in quella data carica. Si assommano altri incarichi di rappresentanza presso enti esterni, o addirittura, si affianca l’attività “sindacale” con dei lavori in proprio. I problemi che affliggono l’odierno mondo del lavoro, sono sicuramente distanti da questa casta lontana dalla realtà.

Lo sbilanciamento verso la difesa dei diritti acquisiti, può essere anche spiegata con il fatto che una considerevole percentuale degli iscritti alle varie sigle sindacali, sia rappresentata dai pensionati o da lavoratori vicini a raggiungere il traguardo della pensione.

Secondo un articolo de IlFatto Quotidiano” del 29 aprile 2017“, il 45,2% del totale degli iscritti ai sindacati italiani, sarebbero lavoratori a riposo.

La tendenza illustrata nell’articolo de “Il Fatto Quotidiano”, risulta sostanzialmente confermata dai dati pubblicati sui propri siti internet istituzionali, dai vari sindacati. La CGIL, a fine 2014, dichiarava  2.965.354 (52,8%) iscritti ai pensionati, mentre i lavorativi attivi ammontavano a 2.650.986 (47,2%).

Per quanto riguarda la CISL, nel 2014, venivano dichiarati 2.340.119 (54,4%) lavorativi attivi e 1.911.213 (44,2%) iscritti al FNP, la federazione dei pensionati.

I dati pubblicati dalla UIL nel 2014 indicavano 1.344.039 (70,1%) lavoratori attivi, mentre i pensionati si attestavano a 572.951 (29,9%). Secondo i dati pubblicati, la UIL, sembrerebbe essere, tra i sindacati confederali, quello più giovane.

Si è inoltre rinunciato, da tempo, a promuovere le lotte che storicamente hanno contraddistinto il mondo del lavoro salariato, ovvero le battaglie per l’aumento e la difesa del reddito, la diminuzione dell’orario di lavoro, la lotta alla precarietà.

Non sono poi infrequenti i casi in cui il sindacato viene utilizzato come trampolino di lancio per la politica, salvo che, se in politica non si brilla troppo, c’è nuovamente il paracadute del sindacato, magari in una posizione meno appariscente o il trasferimento in altra sede. Un sindacalista in pensione può anche essere richiamato come consulente esterno e contestualmente tentare la strada della politica (sommando magari cariche ed emolumenti), se l’avventura in politica risulta essere troppo audace o che si addice poco agli orientamenti del proprio sindacato, si viene dimissionati e ricollocati in pensione, ma comunque, un reddito è sempre garantito. Tutti comportamenti, che rendono i sindacati confederali, sempre meno rappresentativi, tra i quei lavoratori a cui la crisi ha tolto molte speranze.

La crisi dei sindacati confederali, si è inoltre di recente evidenziata nel rinnovo delle RSU del settore pubblico della nostra provincia, che ha visto avanzare, in molte realtà, i sindacati autonomi. Ad esempio, l’USB si è confermato il primo sindacato tra gli impiegati del Comune di Savona, mentre nella scuola lo Snals ha ottenuto diversi successi ai danni di CGIL e CISL. (LEGGI)

I sindacati autonomisembrano essere maggiormente battaglieri rispetto ai confederali. Secondo “Il Fatto Quotidiano”del 29 settembre 2018, molte sigle di base avrebbero proclamato, per il 26 ottobre, uno sciopero generale, anche contro il pacchetto sicurezza di recente annunciato dal governo della propaganda, del razzismo e della paura guidato dai due vicepremier Matteo Salvini(Lega) e Luigi Di Maio (Movimento 5 Stelle). In particolare, i sindacati di base contesterebbero l’art. 25del decreto sicurezza, dove verrebbe pesantemente colpito il diritto di sciopero, con aggravanti per i lavoratori stranieri. I sindacati confederali non avrebbero rilasciato nessun commento su questo aspetto del decreto. (LEGGI )

Il 2019 sarà anche l’anno del congresso della CGIL,il maggiore e più antico sindacato italiano, ma anche il più vecchio anagraficamente vista la preminenza dei pensionati tra gli iscritti. Al congresso sono presenti due documenti, uno di maggioranza, sottoscritto dal segretario uscente, Susanna Camusso, dal titolo Il Lavoro è” ed uno di minoranza con l’appellativo Riconquistiamo tutto!” la cui prima firmataria è Eliana Como sindacalista di prima linea della Fiom CGIL di Bergamo.

Neanche a dirlo, nel documento di maggioranza “Il Lavoro è”sono riproposti i tutti maggiori fallimenti di questi anni della CGIL, come si suol dire errare è umano, ma perseverare è diabolico. “Il Lavoro è” sembra più che altro un programma di apparato forse più adatto per la sconfitta alle elezioni di un partito politico dell’accozzaglia della sinistra radicale, più che un documento congressuale di un sindacato.

Nel secondo documento “Riconquistiamo tutto!”, vista probabilmente la maggiore distanza della proponente dagli apparati burocratici, sono invece trattati gli argomenti che dovrebbero essere il cavallo di battaglia di un sindacato al passo con i tempi tra cui salario, riduzione dell’orario di lavoro, lotta alla precarietà. Temi forse più vicini a quelli dei sindacati di base e probabilmente il motivo dei loro recenti successi.

Entrambe i documenti sono molto ambiziosi e difficilmente realizzabili senza adeguate lotte.

La CGIL di Savona è comunque sempre in prima linea su tutti i principali mezzi di informazione locale per difendere, a parole, il lavoro e coerentemente parrebbe appoggiare il documento “Il Lavoro è”.

Ai lavoratori savonesi alle prese con ristrutturazioni, cessazioni e quanto altro più che parole servono i fatti.

Condividi

Lascia un commento