L’immagine fornisce dati cruciali che rivelano una differenza significativa tra le percentuali espresse rispetto ai voti validi e quelle calcolate in base agli aventi diritto. Guardando i dati, emerge chiaramente un fenomeno di sottorappresentazione effettiva delle forze politiche rispetto alla popolazione complessiva degli elettori.
Ad esempio, il Partito Democratico solitamente accreditato con percentuali di consenso più elevate, in realtà ha una rappresentatività pari al 11,94% dell’elettorato totale, molto distante dal percepito “28%” che spesso viene citato come risultato elettorale. Questo fenomeno, evidente anche per gli altri partiti, mostra la fragilità del consenso effettivo, calcolato tenendo conto della base elettorale complessiva.
I candidati principali, Bucci e Orlando, nonostante abbiano conquistato numerosi voti, raggiungono rispettivamente solo il 21,70% e il 21,07% degli aventi diritto. Anche i partiti con risultati minori vedono le loro percentuali notevolmente ridimensionate: Fratelli d’Italia arriva al 6,32%, mentre la Lega ottiene appena il 3,55%.
Questi dati, rapportati alla percentuale sugli aventi diritto, mettono in evidenza un problema di legittimità democratica che dovrebbe allarmare, evidenziando l’urgenza di affrontare il tema dell’astensionismo elettorale e della crescente distanza tra politica e cittadini. Il calo della rappresentatività reale è infatti un segnale che indica non solo un disinteresse ma anche una mancanza di fiducia nelle istituzioni e nei partiti politici, suggerendo che le percentuali apparentemente elevate su cui si basa il dibattito politico sono in realtà dei numeri gonfiati rispetto alla reale capacità di mobilitare l’elettorato.