Un dato sorprendente emerge dall’ultimo report pubblicato dalla CGIA di Mestre: la Liguria si posiziona al terzo posto in Italia per la percentuale di imprese private con sede legale all’estero, con il 51,8% delle aziende che operano attraverso proprie controllate in Italia. Questo dato è significativo non solo a livello regionale, ma anche per Savona, dove il fenomeno sembra essere particolarmente marcato. Ma cosa significa realmente questo dato? E quali implicazioni comporta per il tessuto economico e sociale della regione?
La scelta di localizzare la sede legale all’estero non è un’anomalia esclusiva della Liguria, ma è un fenomeno che ha radici in motivazioni fiscali, burocratiche e talvolta di opportunità normativa. Paesi come Lussemburgo, Paesi Bassi, Irlanda e Malta sono mete predilette per le imprese, grazie a regimi fiscali più favorevoli e a una burocrazia più snella rispetto a quella italiana. Tuttavia, è importante distinguere tra quelle imprese che scelgono l’estero per ragioni legittime e quelle che, invece, operano in una zona grigia, spesso sfiorando o addirittura oltrepassando il confine della legalità.
La Liguria, e in particolare Savona, si trovano in una posizione strategica per il commercio e la logistica grazie ai loro porti. Questa peculiarità potrebbe spiegare, almeno in parte, il dato elevato. Le imprese attive nel settore marittimo, della logistica e del commercio internazionale potrebbero trovare vantaggioso avere una sede legale all’estero per facilitare gli scambi e ottimizzare i costi. Tuttavia, il dato del 51,8% suggerisce che il fenomeno non riguarda solo grandi aziende, ma coinvolge anche piccole e medie imprese, spesso pilastri dell’economia locale.
Se da un lato questa tendenza può indicare una capacità di internazionalizzazione delle imprese liguri, dall’altro solleva interrogativi importanti. L’esportazione della sede legale potrebbe ridurre le entrate fiscali per i comuni e la regione, con conseguenze dirette sui servizi pubblici e sulle infrastrutture locali. Inoltre, la gestione da parte di controllate estere potrebbe tradursi in una minore trasparenza, rendendo più difficile monitorare l’andamento economico reale e prevenire eventuali fenomeni di elusione o evasione fiscale.
Il dato fornito dalla CGIA di Mestre deve essere un campanello d’allarme per le istituzioni locali e nazionali. È necessario un approfondimento per comprendere meglio le cause e le conseguenze di questa dinamica. Misure volte a semplificare la burocrazia, a ridurre il carico fiscale e a migliorare l’attrattività del sistema Italia potrebbero contribuire a invertire la tendenza.
Nel frattempo, Savona e la Liguria si trovano di fronte a una sfida: bilanciare i benefici dell’internazionalizzazione con la necessità di salvaguardare il proprio tessuto economico e sociale. Un equilibrio che richiede una visione strategica e un impegno condiviso tra imprese, istituzioni e cittadini.