In fondo al “Pozzo”

In fondo al “Pozzo”
Chi non ha colto la portata dell’evento “Pozzo” e rimane  stupito dallo sdegno cittadino, forse non ha gli strumenti per capire tanta rabbia.
Può succedere. E’ come chi non capisce la sofferenza del tifoso. Tu gli spieghi che quella squadra è “tua” dalla culla, che conosci tutte le formazioni con cui si è presentata ai mondiali o ha vinto lo scudetto nell’ultimo mezzo secolo. Tu provi a spiegargli che per goal subito, rischi l’infarto … ma lui non ti capisce. Ti guarda smarrito.
 Non ti può capire perché non ama il calcio. E forse…sotto sotto, gli fai anche un po’ pena.
Chi  ama, soffre. Si indigna se i “suoi” giocatori non danno il massimo, si indigna per i cori razzisti, si indigna per  le partite truccate. Si indigna se, chi ha la fortuna di guadagnare milioni, non è eticamente all’altezza del ruolo che riveste.
In politica non è molto diverso. Gli “ingaggi” sono più contenuti  ma,  anche nelle serie alte, può giocare chiunque, non solo i fuoriclasse.
Solo alla fine, il calcio non è più metafora della politica. Sì perché, dopo tutto, malcostume o no,  il tifoso  ha la sua partita. Invece l’elettore si trova con una mano davanti e una di dietro, senza essere nel giardino dell’Eden.
L’aliquota massima nazionale dell’Imu   e i tagli nel sociale sono un ricordo troppo recente per  digerire  Commissioni convocate a sbafo. Un Comune che ha la mano pesante nell’ imporre tasse, non può permetterselo. Chiedere sacrifici pesanti,  stride con il triste siparietto offerto alla nazione.
A quel punto,  l’autoassoluzione dei partiti  non è che la ciliegina sulla torta.
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