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Immigrazione

“SINISTRA” SOLIDALE E NUOVI LIBERTI
Stazione dei bus di Legino, ore 17 circa. Due persone anziane in attese del mezzo discutono di politica, sono chiaramente di sinistra convinta. Ne dicono qualcuna su Berlusconi, poi spostano il discorso sull’immigrazione. Caritatevoli, sentenziano che in fondo i lavoratori stranieri “ci servono”, “sono necessari all’economia se lavorano” “devono essere accolti se hanno un mestiere”.

Le stesse cose ripetute fino al vomito  da politici, imprenditori, analisti qualunquisti e roba del genere. Il retroterra del discorso dei due “comunisti” è quindi che se gli extracomunitari non servono il modo di porsi verso di loro deve essere ben diverso, alla faccia dei proclami di fratellanza, uguaglianza, tolleranza e bazzecole del genere. La vera fucina del razzismo è proprio nel modo di vedere il problema di queste due sicuramente brave persone, che sintetizzano il pensiero comune della massa orientata politicamente verso la  “sinistra” di oggi. Molto più pericoloso di chi almeno è  coerente con la propria “fede” e nel nome del profitto elettorale spara stupidate a getto continuo per raccattare consensi.  Considerare gli immigrati solo “perché necessari”, in quanto per far mangiare le loro famiglie in Paesi depredati dalle multinazionali, si adattano a fare quei lavori che noi “padroni di casa” rifiutiamo (ma molto presto inseguiremo per necessità, scatenando una guerra dei poveri), non c’entra un piffero con solidarietà e fratellanza ma è una forma di razzismo ancora peggiore perchè mascherata dal finto buon cuore. Semplicemente si sta arrivando alla legittimazione di una nuova categoria di lavoratori, gli ‘schiavi salariati’ (possibilmente poco e male). Basta guardare al ciclo della storia, stiamo ritornando ai “fasti” dell’impero romano quando centinaia di migliaia di persone vennero trascinate a Roma e occupati come liberti perché la plebe del tempo viveva unicamente in forma parassitaria senza alcuna voglia di darsi da fare. Il liberto poteva lavorare tranquillamente, ma il padrone poteva esigere sempre delle prebende sui suoi terreni o sulla sua abitazione (il parallelo con i costi di affitti, spesso in nero, agli extracomunitari, le bustarelle agli sciacalli che promettono lavoro e le gabelle che devono continuamente sborsare è consequenziale), oppure pretendere dei doni in occasione di festività. Di solito, ai liberti veniva munificamente concesso di abitare presso la casa padronale e venivano ammessi alla distribuzione gratuita di frumento, alimenti vari, denaro (non assomiglia alla situazione di molte badanti?). Dei potenti del tempo, Tiberio diede la cittadinanza ai liberti pompieri a condizione che si arruolassero nell’esercito. Claudio la concesse ai liberti che coi loro risparmi contribuivano ad armare la flotta romana commerciale, Traiano a quelli che aprivano stabilimenti di panificazione e Nerone a quelli che li investivano  nell’edilizia. Quest’ultimo imperatore, pazzo si ma scemo mica tanto, accortosi che i liberti spesso erano molto più colti e preparati della plebe ne fece il cuore operante di quella burocrazia che resse l’impero per altri trecento anni. Qui invece si vedono donne russe e rumene laureate in economia e matematica che puliscono il sedere agli anziani, ingegneri e insegnanti africani utilizzati come operai e altri, laureati e diplomati bulgari e filippini a raschiare i cessi. Chissefrega se hanno titoli molto più elevati di personaggi che la spartizione del partiti porta a posare le terga su poltrone di importanti Enti, dei quali spesso non conoscono neanche le finalità. Importante che lucidino bene le maniglie delle porte… 

FALCO SAVONESE

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