Il PD: UN PARTITO SOFFERENTE? Non ci sono dubbi, basta scorrere le cronache politiche locali e nazionali. Al PD possiamo ascrivere certamente molte incertezze, traballamenti, ondeggiamenti a volte anche poca chiarezza, possiamo evidenziare quella mancanza di coraggio necessaria per la riconoscibilità pubblica, o ancora accusarlo di aver permesso il formarsi di quella troppa confusione che ha portato inevitabilmente al conseguente anarchismo interno conosciuto. Possiamo anche dire che spesso la comunicazione verso l’esterno è lasciata all’iniziativa di singoli che non sempre percorrono strade parallele e condivise, che espongono solo opinioni personali spacciandole per quelle del partito alla ricerca di solidarietà militante o consensi per se in vista di qualche nomina. O magari… |
…si può affermare che una forza politica come il PD che ambisce nelle intenzioni a cambiare radicalmente in meglio il nostro paese dovrebbe dotarsi di una organizzazione adeguata specialmente sui territori nazionali, cioè in tutte quelle periferie della Nazione dove nasce e si forma la coscienza delle persone e il consenso, luoghi dove troppo spesso il disagio non trova nel PD la sponda che cerca, posti dove chi la cerca la ritiene insufficiente, inadeguata, non incisiva e quindi si rivolge altrove. Certo, possiamo imputare al PD tutto questo e forse anche altro. Ma sarebbe sbagliato non riconoscergli anche qualche particolarità sul merito, in fondo molte Amministrazioni Regionali, Provinciali e Comunali si reggono e funzionano come meglio possono in un periodo così difficile grazie anche – ma non solo – a uomini e donne che del PD fanno parte, una situazione che piaccia o meno ma che è nei fatti ed è il lavoro che spesso non si vede e che magari non trova spazio come meriterebbe sulle prime pagine dei giornali Detto questo molto sinteticamente e in un modo che volutamente si presta a varie precisazioni resta un nodo determinante che il Partito Democratico dovrà affrontare a breve, e non potrà più dilazionare, tergiversare, traccheggiare, dovrà invece decidere e dare l’indicazione sulla propria linea politica e dovrà essere una linea finalmente chiara, riconoscibile e soprattutto non negoziabile, chiusa verso l’avversario politico, chiusa a destra e con tutti coloro che con la destra sono stati fino a ieri ostili al PD. E dovrà anche provvedere a darsi regole, metodi e strumenti che impediscano ai suoi appartenenti di cambiarla ad ogni sbatter di foglia sotto il vento della convenienza o dell’interesse di gruppi e gruppetti. Scosso dalle liti tra le sempre negate ma sempre più forti correnti interne, in fibrillazione continua e crescente per la fase congressuale, in fermento costante a causa del distacco che sembra irreversibile con la cittadinanza, terremotato dalle crescenti autocelebrazioni leaderistiche che proliferano al suo interno, messo nel mirino da movimenti e associazioni, il PD sembra cedere sotto tutti questi colpi che vengono da fuori le sue stanze ma spesso anche da dentro se stesso. Questa la percezione popolare, inutile negarla, sarebbe sciocco, essendo oltretutto supportata da fatti o avvenimenti concreti che con più ponderazione decisionale e cautela politica avrebbero potuto essere letti o interpretati in modo diverso. Ma è noto che quando un cavallo corre senza briglia difficilmente è governabile, va un po dove vuole. Dire oggi che il PD è a una svolta non è fare demagogia tanto per scrivere due cose a tema, è veramente così. Ci dovrà essere un cambio ai vertici ad ogni livello nel PD non solo generazionale con le resistenze fisiologiche che faranno muro ma anche principalmente di persone, di idee, dovranno mettersi in trincea facce nuove che mai abbiano calcato le cronache politiche delle periferie italiane, dai circoli alle federazioni provinciali, cosa che nulla ha a che fare con la rottamazione decantata mesi fa. Senza questo primo passo, quello del rinnovamento nella sua rappresentatività pubblica, nulla di quello che seguirà potrà recuperare al PD una credibilità divenuta flebile. Non bisogna però dimenticare che il PD per quanto squassato ognuno possa ritenerlo, a torto o a ragione, resta l’argine principale contro cui cozzano le deleterie pratiche della destra italiana. Il Partito Democratico sarebbe bene usasse questo tempo congressuale anche per curare alcune malattie che lo stanno logorando, che lo stanno uccidendo, malattie curabili se esiste la volontà di intervenire che si chiamano personalismo, anarchismo, leaderismo, familismo, carrierismo, presenzialismo, arrivismo. Un grande e compianto sindacalista salito fino ai vertici della CGIL, Claudio Pontacolone, il partigiano Mirco, vadese, fondatore dell’AUSER diceva così “..un grande capo lo riconosci dalle persone di cui si circonda…”. Il PD potrebbe mutuare così le sue parole e trarne insegnamento “ …un grande partito si riconosce dalle persone che lo governano….”. Maglio Domenico |