Harry Brown, è un film thriller diretto da Daniel Barber, con Michaele Caine, Emily Mortimer, Iain Glen; produzione Gran Bretagna, anno 2009, durata103 minuti.
Irlanda del Nord, Harry Brown, marines in pensione, vive solitario in un quartiere popolare della periferia della sua città, una zona dove si spaccia droga, si rapina e si uccide anche per futili motivi. I soggetti, oggetto di aggressioni, sono per lo più donne e anziani.
Quando un giorno la polizia gli fa visita per un interrogatorio, Harry Brown viene a sapere che il suo migliore amico è stato ucciso. La vittima era un vicino di casa con cui Harry giocava spesso a scacchi e dialogava sui maggiori problemi che li affliggevano.
Gli autori di quel crimine erano ragazzi appartenenti alla malavita locale, già responsabili di diversi altri reati avvenuti proprio in quel quartiere. Sono criminali abituali che la polizia conosce bene, ma che però non riesce mai a cogliere sul fatto. Perciò sono delinquenti destinati a rimanere in libertà, in virtù anche dell’appoggio di parenti dall’aspetto per bene che possono permettersi di dare loro degli avvocati esperti,.
Dopo un po’ di tempo la polizia aggiorna il pensionato Harry sull’andamento delle indagini. L’uomo viene a sapere che la tesi portata avanti dai difensori dei delinquenti è quella dell’omicidio colposo, cosa che se passasse renderebbe lieve la loro condanna. Si sostiene la non intenzionalità dell’omicidio, in quanto l’uomo ucciso brandiva al momento del fatto un lungo coltello portato con sé per difendersi dalle abituali aggressioni presenti in quella zona. Per la difesa i ragazzi hanno reagito a una minaccia dell’uomo avvenuta col coltello, e solo la successiva, inevitabile colluttazione ha poi provocato la morte dell’uomo armato.
La polizia informa Harry che di solito questo tipo di difesa funziona bene, nel senso che riesce a convincere i magistrati di essere in presenza di un “ragionevole dubbio”, facendo scattare quindi la relativa assoluzione.
Harry è convinto invece della intenzionalità di uccidere di quei delinquenti, avendo visto anche con i propri occhi alcuni precedenti delitti commessi in quella zona, e rimane indignato per l’impotenza della giustizia. La sua fiducia sulla giustizia va quindi via via scomparendo. Il marines pensionato, dopo aver visto un confuso filmato da un telefonino, girato per gioco da un criminale sul posto al momento dell’omicidio, (un vecchio apparecchio trovato nel luogo del delitto), decide di fare giustizia con le sue stesse mani. Studia quindi come fare, e si arma per uccidere.
Il tema della giustizia “fai da te” ha sempre affascinato il cinema, fin quasi dalle sue origini, ma non sempre ha ottenuto risultati accettabili forse a causa di congegni narrativi farraginosi e un po’ scontati nell’esito finale, in questo film invece grazie all’attore Michael Caine e al ottimo regista Daniel Barber il film funziona a dovere.
Michael Caine è riuscito a dare al suo personaggio una credibilità particolare, quasi magica, grazie al suo carisma misterioso che lo contraddistingue da sempre. Una credibilità eccentrica, complessa che rende il film, grazie anche alla regia, per certi aspetti surreale e segnato qua e là da iperrealtà penetranti, coinvolgenti, esteticamente innovative.
La fotografia poi, scura o luminosa, a secondo del senso del contesto scenico, è ben coordinata con le emozioni in gioco, rafforzandole o magnetizzandole a secondo degli effetti ricercati dall’autore.
Biagio Giordano