Stati Uniti. Oggetto del film, è un fatto inaudito che la pellicola dà per vero, informando lo spettatore, dopo il finale, sulle pene inflitte all’assassino e il numero di donne uccise, quest’ultime solo quelle trovate in quanto le scomparse risulteranno molte di più.
Poliziotto per bene, ostinato, onesto, intelligente, intuisce e poi prova che l’uccisione di alcune donne sono dovute a un assassino facente parte della società bene: un uomo indubbiamente psicopatico ma intelligente tra un delirio e l’altro, un cittadino dai modi di fare apparentemente normali, con l’hobby della caccia. Il killer risulterà tra i più feroci della storia criminale statunitense, un uomo spesso lucido che quando percepisce in sé l’arrivo della follia non fa che metterla in pratica attuando il piano di morte ordito con fredda logica.
Un essere mostruoso che si sente a ragione protetto dall’ambiente in cui vive e che proprio per questo sa che è oggettivamente difficile scovarlo.
E’ un femminicida serial senza alcuna pietà, che tortura le vittime per godere della loro sofferenza. Un uomo senza inibizioni che quando è posseduto dal delirio di uccidere diventa estremamente pericoloso perché sa di poterla fare franca.
Egli è, quasi per tutti, compreso buona parte della polizia, insospettabile a priori e a posteriori.
Thriller di ottima fattura capace di raccontare fatti veri con congegni narrativi classici ma per certi aspetti innovativi, ibridi quel che basta per renderli adeguati al gusto che cambia.
La felice coniugazione narrativa tra stile documentario e racconto immaginato, costruito con deduzione logiche, dà al film una originalità apprezzabile, senza nulla togliere alla verosimiglianza con l’accaduto reale.