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Il fallimento della teoria della discontinuità

GIUNTA COMUNALE DI SAVONA
Il fallimento della teoria della discontinuità

Con l’approvazione del PUC, sostanzialmente collocato a fine mandato amministrativo, occorre fare alcune considerazioni di tipo politico, perché nulla sia lasciato al caso.

La prima questione riguarda proprio l’approvazione di un piano di programmazione del territorio svuotato completamente del suo significato principe.

 

Questo è accaduto perché ben prima, e ben al di fuori degli ambiti istituzionali, le scelte urbanistiche si sono pensate e realizzate, alcune con impatti devastanti e a dir poco infruttuose, se non per gli investimenti iniziali, le cui fonti andavano velocemente impiegate.

 

In seno di Consiglio, quello in particolare di martedì 3 agosto 2010, abbiamo subito un lungo e sfacciato proclama sulla bontà  di questo strumento urbanistico.

 

Il nostro giudizio negativo è stato fatto in sede di dichiarazione di voto e ci teniamo a ribadirlo anche fuori dall’ambito istituzionale.

Innanzitutto va ricordato che in Italia, ma in specie in Liguria, da tempo massoneria e n’drangheta coltivano interessi negli spazi lasciati liberi dalla politica, ed in special modo nelle aree dell’urbanistica di programmazione e realizzazione. Laddove dovrebbe essere forte la mano pubblica troppo spesso si è lasciato campo ad interessi privati che nulla avevano a che fare con quelli collettivi.

 

Inoltre dobbiamo ricordare che la cosiddetta relazione fondativa (termine col quale si indica la relazione che analizza lo status quo della città, ne individua le criticità  e pone le basi per uno sviluppo urbanistico coerente) del PUC di Savona era stata già  magistralmente redatta dall’allora amministrazione di centro-destra Gervasio, e dall’allora assessore all’urbanistica Amoretti, dirigente dell’Unione Industriali prestato alla politica. Relazione fondativa che si è mantenuta sostanzialmente identica nei presupposti e nelle risoluzioni con il successivo mandato del sindaco di centro-sinistra, presidente della Lega delle Cooperative, anch’esso prestato, anzi “ri-prestato” alla politica istituzionale.

 

Nel frattempo le varianti costruivano mano a mano una città  che pur non avendo bisogno di residenzialità , per il decremento demografico in atto (-20.000 abitanti tra il 1981 ad oggi), convertiva le aree industriali dismesse (alcune delle quali dismesse ad hoc, come testimonia “Il fallimento perfetto” scritto da Bruno Lugaro) in appetitose aree residenziali, secondo le indicazioni di un presidente della Regione Liguria, affiliato alla P2, che ha saputo anticipare mani pulite -in salsa ligure- galera compresa.

 

Nel frattempo non possiamo dimenticare l’irresistibile ascesa di un personaggio molto interessante: il direttore dell’autorità  portuale che diventa presidente della stessa, attraversando coloriture politiche diverse. Da deputato della Lega Nord in Parlamento alla successiva candidatura sempre al parlamento, ma stavolta inefficace nelle fila di Forza Italia, sino ad un progressivo avvicinamento al così detto centro-sinistra, con liste civiche di appoggio al candidato sindaco della Lega delle Cooperative.

 

Il sindaco della Lega (delle Cooperative, per carità, non confondiamoci) lascia a metà il secondo mandato per i lidi regionali diventando assessore regionale (all’urbanistica, naturalmente).

 

Intanto pesantissime varianti cadono come mannaie stravolgendo territorio e programmazione condivisa. Assistiamo a realizzazioni come Bofill, che provocano dissesti alle case già esistenti in Darsena, al complesso dell’ex-Astor (con dissesti rilevanti a Palazzo Gavotti ed angoli impertinenti), alla vecchia centrale Enel di Fornaci, sino alla quinta del Crescent, e all’ipotesi del porticciolo turistico di Margonara, e molti altri interventi, ad esempio collinari.

Varianti urbanistiche che -in barba alla reale opportunità – sorvolano, a nostro modesto parere, alcune questioni non irrilevanti come il sedime demaniale considerato come privato, o l’assegnazione di bandi su progetti altri, ovvero osservazioni che scompaiono dagli atti pubblici……

 

Ed i sindaci, nelle loro funzioni di rappresentanti del governo cittadino, navigano o volano (a spese del Comune) dai progettisti di privati……

 

L’ultimo rinnovo amministrativo nel 2006 era stato salutato da forze della sinistra come Rifondazione, ma non solo, quale elemento di discontinuità e risoluzione dell’impronta del precedente sindaco della Lega (delle Cooperative, non dimentichiamolo!).

Ed in nome di questa teoria della discontinuità  approdano organicamente in giunta ed in consiglio comunale.

 

Il 3 agosto 2010, a quattro anni da quell’idea di discontinuità, che aveva prodotto un apparentamento a-critico e speranzoso, il gruppo di Rifondazione, e l’assessore in giunta, si astengono dalla votazione del PUC.

 

Nell’ambito di questo discorso risalta la posizione di chi, coraggiosamente, fu capace di portare al giudizio degli elettori un progetto alternativo, ecco perché crediamo sia utile fare una riflessione politica circa la capacità  della discontinuità, e soprattutto della capacità  di “incidere da dentro”, ovvero come si dice in gergo politichese “modificare l’asse”.

 

Perché altrimenti non solo facciamo un torto alle idee ma anche alla responsabilità che deriva dal praticarle.

Cosa portano a casa i teorici della discontinuità?

Qual è stato l’obiettivo prefissato? Si è realizzato?

Si è saputo frenare, allontanare, sconfiggere un modello di sviluppo anche economico?

Gli esiti danno parere contrario. Esiti fattuali, non utopie. Ed allora?

 

Si potrà contestare che “stare fuori” significa fare testimonianza.

Che ci sta a fare una forza politica all’opposizione? Non è più opportuno “sporcarsi le mani” e tentare di entrare nella stanza dei bottoni per “spostare l’asse”?

Pare infatti che ormai l’idea di rappresentanza sia definitivamente cancellata dal vocabolario di alcune agenzie politiche (termine col quale vogliamo indicare i partiti che in questi anni si sono trasformati in comitati elettorali).

Il principio fondante risulta infatti essere la governabilità . Ed è su questo altare che si immolano principi e valori, idee e progetti, tensioni e rivendicazioni: o si governa o si è fuori dalla Storia, anche quella con la “s” minuscola….qui in provincia bisogna pur avere il senso delle misura…..

Dunque?

A pochi mesi dal rinnovo del Consiglio comunale non ci è dato ancora di comprendere quali siano le opportunità  reali per una nuova dimensione di rappresentanza e di proposta alternativa.

Temiamo un prosieguo acritico, perché -come scritto sopra- pare non essere valido neppure il principio della verifica politica tra l’obiettivo ed il realizzato.

 

Patrizia Turchi “A sinistra per Savona”

 

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