E’ politicamente inopportuno che un coordinatore provinciale di un partito politico presentando la lista dei candidati per le elezioni usi la prima persona. E’ successo nel m5s a Savona, ma probabilmente non è il solo caso. L’uso del “noi” piuttosto che la prima persona non è solo una scelta linguistica e una questione di stile, ma riflette un approccio che dovrebbe essere alla base dell’agire politico: la rappresentanza collettiva e la condivisione degli obiettivi del gruppo.
L’uso del “noi” segnala appartenenza e collaborazione, evocando un senso di squadra e di unità che va al di là dell’interesse personale. Al contrario, l’uso dell’io, quando il coordinatore stesso è candidato e capolista, può trasmettere l’impressione che l’intera iniziativa politica sia centrata sulla sua figura. Questo non solo rischia di alienare il sostegno di altri membri e simpatizzanti del partito, ma può anche minare la credibilità dell’intero progetto elettorale agli occhi degli elettori.
Particolarmente problematica è la situazione nel caso citato del m5s, il cui il coordinatore, oltre a presentare la lista, si auto-candida come capolista in una compagine che appare creata ad hoc per cercare di garantirsi l’elezione. In questi casi, l’uso dell’io sembra quasi inevitabilmente legato a un intento autoreferenziale, suscitando perplessità e sospetti sia dentro che fuori il partito. La percezione che si genera è quella di un coordinatore che, più che occuparsi degli interessi del gruppo, è focalizzato a ritagliarsi uno spazio personale nel panorama politico.