Una riflessione dei verdi sulle elezioni di savona
Le elezioni comunali sono l’ occasione per chiedersi come vorremmo veramente la nostra città.
|
Noi crediamo che il benessere sia qualcosa di più di un posto di lavoro e che esso dovrà comprendere la qualità dell’ambiente in cui si vive, la possibilità di sviluppo culturale del territorio, la ricerca dell’eccellenza in nuovi settori economici ad alto valore aggiunto e più lungimiranti del carbone o del cemento.
In una terra come la Liguria, stretta tra le montagne ed il mare in cui la popolazione è concentrata su una stretta fascia costiera o nel primo entroterra e meta di un importantissimo flusso turistico sarebbe logico privilegiare la tutela del territorio e preferire attività imprenditoriali ad alta intensità lavorativa che non necessitano di grandi spazi. In questa categoria rientrano le lavorazioni ad alto contenuto tecnologico e il cosiddetto terziario avanzato settori per i quali si prevede tra l’altro un futuro di grande sviluppo Invece così non è e in Liguria vengono continuamente avviati progetti caratterizzati da un elevatissimo consumo del territorio e di grande impatto ambientale. Questa tendenza è particolarmente forte in provincia di Savona dove negli anni si sono progettati non solo grandi porti per il traffico di container come quelli di Voltri e di Vado Ligure ma anche centrali termoelettriche, come a Ferrania o ancora l’ampliamento di Vado, laminatoi, sempre a Ferrania, cementifici, ancora in Valbormida, discariche, come quella della Filippa a Cairo Montenotte. Questo gigantismo domina anche in campo turistico dove si privilegiano impianti ad elevato consumo di territorio come la Margonara e il Crescent, solo per citarne alcuni. Sempre, naturalmente, con l’immancabile congruo corollario di seconde case che sono tuttora la prima attività economica della provincia. L’economia Savonese, anno dopo anno ha assunto caratteristiche tipiche dei paesi in via di sviluppo dove le esigenze di tutela del territorio, di conservazione ambientale, di salute pubblica sono sempre subordinate alla necessità di aumentare il prodotto interno lordo. Tra le cause di questa parabola discendente vi è certamente il fatto che le attività di pregio non si creano dal nulla perché necessitano di un tessuto sociale, imprenditoriale ma soprattutto politico di buona qualità, che sia in grado creare una sinergia tra le aziende, le amministrazioni locali e i centri culturali, in primis l’Università. Tutto questo, evidentemente, manca anche perché in questi anni abbiamo assistito all’occupazione delle stanze dei bottoni da parte di una classe dirigente spesso impreparata, incapace di lavorare in rete perché litigiosa e lottizzata, facile preda di imprenditori spregiudicati. A ciò si aggiunga l’impostazione culturale ottocentesca dell’ ”intellighenzia” economica provinciale che crede “lo sviluppo” industriale ancora basato sul carbone, l’acciaio e il cemento, cioè su tutte quelle attività che le moderne economie occidentali hanno da tempo delocalizzato nei paesi in via di sviluppo. Diciamo subito che creare un tessuto economico ricco e vitale, capace di migliorare veramente la qualità della vita delle popolazioni anche attraverso la salvaguardia del territorio e dell’ambiente, non è facile mentre lo è sicuramente di più aprire le porte a quanti hanno difficoltà ad installare attività impattanti od inquinanti, sempre pronti a risarcire le ferite del territorio con un pugno di posti di lavoro senza pensare che per altre attività potrebbe non esserci necessità di alcun “risarcimento”.
Guardiamo bene la vicenda Ferrania dove si è riusciti nel capolavoro di barattare una azienda ad alto contenuto tecnologico [chimica fine, produzione di film sottili] con progetti per una centrale a carbone o un laminatoio a freddo in concorrenza diretta con Cina ed India. Progetti irrealizzabili che hanno riempito le pagine dei giornali mentre la Ferrania passava da 1000 a 100 occupati. Eppure, quando si chiede un modello economico più evoluto a maggior valore aggiunto, quando si accenna anche soltanto alla responsabilità sociale delle aziende e si mettono in discussione progetti industriali perchè già obsoleti prima ancora di nascere, si viene tacciati di essere contro il progresso e l’occupazione.
In provincia di Savona il turismo ha da sempre rappresentato una delle maggiori fonti di reddito ma la continua cementificazione del paesaggio, la distruzione del patrimonio alberghiero trasformato in residenze, la svendita delle aree libere ai costruttori di seconde case, che ha arricchito più di una generazione di costruttori e di amministratori locali, il totale disinteresse per i problemi della mobilità ormai al collasso, lo hanno compromesso in modo forse irreparabile.
A nostro avviso il benessere è qualcosa di più di un posto di lavoro e dovrà comprendere la qualità dell’ambiente in cui si vive, la possibilità di sviluppo culturale del territorio, la ricerca dell’eccellenza in nuovi settori economici ad alto valore aggiunto e più lungimiranti del carbone o del cemento.
E’ fondamentale che i Savonesi non si facciano abbindolare da chi sfrutta la difficile congiuntura economica per insediare attività obsolete, pericolose e incompatibili col territorio e per continuare con la cementificazione del territorio. Dobbiamo guardare più lontano, domandandoci come sarà il mondo futuro e dobbiamo prendere in mano la gestione della città.
Serve uno scatto d’ orgoglio, che riporti le menti migliori al comando e un bel ricambio nel palazzo comunale.
|