Tutto è iniziato nel lontano 2009 dall’esposto di una coraggiosa associazione di cittadini, Uniti per la Salute. Il 14 marzo 2014 è avvenuto lo storico sequestro dei gruppi a carbone, perché ponevano una minaccia immanente alla salute della popolazione. Una prima vittoria si è registrata nel 2016, quando quegli stessi gruppi a carbone sono stati chiusi per sempre. Poi ci si è spostati nelle aule del palazzo di giustizia.
C’è un filo rosso legale e civico che collega la lotta di Vado Ligure con quella di Marghera che segnò la stagione dei processi per disastro ambientale e sanitario e quindi quella di Porto Tolle contro la centrale Enel, anch’essa altamente inquinante. Un lungo cammino per cementare nella giurisprudenza italiana un precedente che prevenga nuovi disastri su larga scala, o ne assicuri quantomeno i responsabili alla giustizia.
Come ha sintetizzato l’avvocato di Uniti per la Salute Matteo Ceruti (qui una sua intervista del 2019) alla fine della sua arringa in qualità di parte civile al procedimento penale, il processo di Savona ha raccontato tutta la folle storia della privatizzazione delle grandi centrali inquinanti costruite in passato in nome del progresso industriale. Gli ultimi trent’anni hanno visto una gestione privata predatoria di questi impianti, nella consapevolezza da parte dei manager del loro pesantissimo impatto ambientale e sulla salute. A Vado Ligure, non si sono costituiti parte civile i comuni della zona, né la Regione Liguria, e solo all’ultimo momento il ministero dell’Ambiente e quello della Salute. Tutto ciò in linea con la mancata attenzione delle istituzioni pubbliche per la popolazione locale esposta all’inquinamento e alle sue drammatiche conseguenze.
ReCommon ha sostenuto con forza Uniti per la Salute. Abbiamo seguito vari fasi del processo, per il quale è attesa entro fine anno la sentenza di primo grado. Un processo che ha fatto sì che una comunità abbandonata, sacrificata e spesso inascoltata potesse fare valere le sue ragioni e raccontare quali sono gli effetti dell’estrattivismo sulla sua pelle