Il botta e risposta tra i due leader sembra più una diatriba tra un datore di lavoro e un dipendente poco collaborativo. Grillo difende il suo ruolo di “padre padrone”, ribadendo con ragione che i principi del Movimento non si discutono. Ma Conte non ci sta, e con penna in mano, gli ricorda che il voto degli iscritti può cambiare tutto, perfino i sacrosanti due mandati elettivi. Insomma, caro Beppe, qui le regole si riscrivono, e se non ti va, sai dove trovare la porta.
Dietro le quinte, si vocifera di un sabotaggio ordito da Virginia Raggi, complice silenziosa di Grillo. L’ex sindaca di Roma, infatti, è una sostenitrice delle tesi del fondatore.
Nel frattempo, i “contiani” si indignano per il ritratto di Conte come il cattivo della situazione. “Non siamo noi quelli che vogliono cacciare Grillo”, sbottano. Eppure, tutto lascia intendere che il rapporto tra i due è ormai alla frutta, o forse, meglio dire, alla PEC.
Il divorzio tra il fondatore e il presidente del Movimento è inevitabile, ma resta da vedere chi resterà con il conto da pagare. E, soprattutto, come questo “dramma familiare” impatterà sul futuro del Movimento, ormai più somigliante a una telenovela che a un progetto politico.