“Vi porgo le scuse mie e di tutta l’amministrazione” . Si è concluso con queste parole l’incontro di ieri tra il sindaco Marco Russo, il disabile maltrattato dalla polizia locale e la moglie che lo accompagnava. A quasi un mese dall’episodio, dunque, palazzo Sisto ha battuto un colpo. Russo ha chiesto una relazione al Comando della polizia locale, ottenendo una versione dei fatti fantasiosa, totalmente diversa da quella fornita dal disabile. Nessun ravvedimento insomma ma piuttosto una squallida tattica difensiva. Cosa succederà adesso? Nulla. Il sindaco non ha annunciato provvedimenti, anche se appare scontato almeno un richiamo ai vigili a un atteggiamento più consono nei confronti dei portatori di handicap. Russo ha spiegato che sotto il profilo normativo (si è parlato genericamente di una legge regionale) l’ufficio ha agito correttamente ma che al contrario non può essere giustificato, sotto il profilo umano, l’atteggiamento vessatorio verso cittadini fragili . Ricordo che il caso è approdato anche in consiglio comunale grazie ad una interpellanza dei consiglieri Arecco e Giusto.”
Per chi non avesse seguito la vicenda, ecco la mia denuncia da cui è partito tutto.
Costretto sulla sedia a rotelle da una malattia degenerativa, un savonese settantenne ha sperimentato come la burocrazia possa diventare uno strumento di violenza nei confronti dei disabili. Tanto più se maneggiata da imbecilli in divisa. I fatti. Luciano ha bisogno del contrassegno per il parcheggio disabili avendo gravissimi problemi di deambulazione certificati da una commissione medica. È assistito dalla moglie Piera e da una badante. Non può fare nulla da solo, è assistito 24 ore su 24 poiché anche quando è steso sul letto la malattia non gli dà pace: ha incubi e allucinazioni. Piera si rivolge come prassi al comando della polizia municipale in via Romagnoli, per ottenere il rilascio del permesso. Ma incoccia in una vigilessa da scrivania con il cervello in stand-by. L’agente spiega a Piera che non ci sono scorciatoie: se Luciano vuole il contrassegno deve recarsi di persona a ritirarlo. E se non riesce a camminare che si faccia aiutare da qualcuno, altrimenti niente permesso. Piera prova ad obiettare che è incivile costringere un disabile a questo sacrificio. La vigilessa, però, è inflessibile. Cita una non meglio identificata legge che prevede l’iter del rilascio del permesso solo in presenza del disabile. Piera capisce di avere a che fare con una testa vuota e batte in ritirata. Pochi giorni dopo lei e la badante si presentano di nuovo dai vigili con Luciano che però non riesce a scendere dall’auto. La vigilessa è sempre quella, ma questa volta ha un barlume di umanità. Si accontenta di scrutare Luciano dalla finestra. La moglie del disabile la invita a uscire per vedere di persona il marito dal momento che lo ha dovuto trascinare fino a lÌ. La risposta? Si figuri se esco. E già, i culi di pietra mica si chiamano così per niente. Ora Luciano ha il suo contrassegno; resta da fare qualche riflessione. Chiedo al sindaco se è questa la Savona solidale e attenta ai bisogni dei più deboli più volte sbandierata. Chiedo all’assessore competente se era al corrente di questo accanimento da parte dei vigili urbani. Se la risposta è no, è grave; se sì, è inaccettabile. Chiedo infine spiegazioni al comandante della polizia municipale per capire come viene scelto il personale che da dietro una scrivania vessa i disabili.
(ps: i nomi dei protagonisti sono di fantasia per tutelarne la privacy)