Crisi del lavoro a Savona

Crisi del lavoro a Savona:

ma siamo sicuri che i savonesi non abbiano colpe?

Leggo il resoconto dell’incontro di ieri all’Unione Industriali sullo stato dell’economia di Savona e scopro che la colpa della situazione negativa è della burocrazia, della crisi mondiale, di Monti che non ha proseguito come aveva iniziato, delle tasse troppo alte, dei sindacati. Ma nessuno ha trovato delle colpe per i savonesi.

Invece un minimo di mea culpa era doveroso, da parte di industriali e politici. Perché non ricordare la storia OMSAV, unica metalmeccanica di precisione a filo di banchina del Mediterraneo e quindi con un grande potenziale di mercato (per centinaia di lavoratori), portata al fallimento (con il suo indotto) per costruire al suo posto le ben più redditizie residenze, o la sottrazione ai fini produttivi dell’ultima area disponibile, quella della Metalmetron, per costruire un centro commerciale, anziché un’area artigianale e industriale come ne sono sorte a Cuneo, Alba ecc.? Perché gli industriali non hanno espresso alcuna critica al PUC che aboliva tutte le aree per l’industria per destinarle alla residenza? Perché il porto ha insensatamente investito immense quantità di soldi su una materia prima scomparsa come il carbone e su infrastrutture inutili e costose (tunnel di accesso al porto) anziché su traffici a maggiore valore aggiunto (es. impianti)?

Se poi usciamo dall’aspetto strettamente industriale il mea culpa dei politici avrebbe potuto affrontare i temi relativi all’eccesso di centri commerciali collocati in area urbana, con conseguente crisi del commercio tradizionale, il tema dell’accoglienza (due ostelli della gioventù chiusi), il tema del bosco che invece di essere una risorsa occupazionale importante (come altrove in Italia) è una minaccia per le future alluvioni, ecc.

Perché non approfittare queste occasioni per fare un passo in avanti invece di piangersi addosso ed assolversi e quindi fare un ulteriore passo indietro?

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