Celle Ligure
Un intervento di Michele Manzi sulle colonie
In riferimento all’intervento a firma di Luigi Bertoldi, con il titolo “Decolonizzazione spinta”, che ha chiamato in causa il sottoscritto, riporto volentieri alcune note circa la storia delle Colonie in Celle delle quali Luigi Bertoldi mi fa detentore di “una vasta documentazione”.
Prima però consentitemi di ringraziarlo anche per il fatto che ha evidenziato nel suo scritto la denominazione giusta di un capo di Celle il cui toponimo è stato distorto in questi ultimi anni: si tratta infatti, ed è giusta l’osservazione, di Punta dell’Omo (omu = uomo) e non dell’Olmo. La motivazione che ci è stata tramandata non fa alcun riferimento all’albero né al campione nostro concittadino.
Ritornando alle Colonie, le fonti storiche presso privati e soprattutto quelle custodite nell’archivio storico del Comune sarebbero sufficienti alla pubblicazione di un libro.
Come già anticipato da Luigi, la storia delle Colonie comincia già prima del 1880 ma si concretizza ufficialmente con questo documento datato 23 novembre 1880:
PREFETTURA DI GENOVA
“il Prefetto della provincia di Genova, veduta la domanda inoltrata dal Comitato dell’Ospizio Marino di Brescia per impiantare nel Comune di Celle uno stabilimento Balneario per la cura dei fanciulli poveri, scrofolosi e rachitici della Città e provincia di Brescia.
……omissis……
DECRETA
E’ autorizzata l’apertura nel Comune di Celle, dello stabilimento ad uso di Bagni Marini ai fanciulli poveri, scrofolosi e rachitici della Provincia di Brescia giusta il piano presentato”.
L’ubicazione dello stesso era presso l’ex casa Biale-Colla situata in contrada S. Sebastiano (è il palazzo dove attualmente si trova il ristorante “San Bastian”), con ingressi lato mare e da via Arecco, posta su tre livelli, avente anche casa di custode ed infermeria con annessi orto e giardino.
Orto e giardino nei quali, nel 1899, verrà costruito un ulteriore edificio denominato Ospizio Nuovo sempre di proprietà della Congregazione di Brescia (attuale Asilo Aicardi).
Da una relazione sull’andamento della stagione balneare del 1898 si rileva il numero degli ammessi balneanti, che fu di 434 suddivisi in tre spedizioni, con il seguente quadro nosologico: Scrofole n. 203 – Ghiandole 77 – Piaghe 14 – Dermatiti 9 – Linfetismi 52 – carie e periostiti 39 – Rachitismi 41.
Le cure sono bagni in mare, sole, sabbiature ed essendo la spiaggia antistante poco profonda si rende necessaria l’occupazione di un lungo tratto di arenile, compromettendo notevolmente la possibilità di impiantare stabilimenti balneari al servizio dei villeggianti come invece accade a Varazze e nelle allora emergenti stazioni balneari.
Celle ne risente notevolmente: la popolazione che del turismo ha iniziato a godere i primi frutti non vuole tralasciare questa nuova possibilità di agiatezza economica. Sorgono allora lamentele, seguite da petizioni inviate al Prefetto da parte non solo dei commercianti, ma di cittadini appartenenti a qualsiasi ceto i quali capiscono che i “bagnanti” sono una opportunità di rimpinguare il modesto reddito non per i soli addetti ma un po’ per tutti.
A queste ovviamente si aggiungono le proteste dei villeggianti i quali non sono disposti a condividere il lido con bambini affetti da malattie e i cui corpi sono gravemente segnati; tutto ciò fa sì che si registri in quegli anni una contenuta presenza turistica balneare.
Le lettere viaggiate ai primi del novecento indirizzate al Sindaco per informazioni sulla località, da me ritrovate nel riordinare l’archivio storico, chiedevano se esistevano sulla spiaggia spazi destinati ad ospizi dediti alle cure per fanciulli scrofolosi la cui presenza avrebbe compromesso l’eventuale soggiorno.
La lettura di questi vecchi documenti evidenzia però il dato importante che, di fronte a determinate e difficili scelte resesi nei tempi necessarie, nei cellaschi è sempre prevalso il buon senso, particolare che caratterizza la nostra storia.
Nel caso specifico, quindi, sì allo spostamento dell’ospizio, senza però far valere la volontà e l’interesse di una parte, ma trovando soluzioni che vadano bene ad entrambi, perché si tratta di bambini e per giunta bisognosi di cure.
Il giovane parroco don Agostino Delfino in una lettera indirizzata ad un mio congiunto espone molto bene questo concetto, oggetto anche di un’omelia dallo stesso tenuta durante la S. Messa nella Parrocchiale.
Si crea quindi un comitato formato da rappresentanti della Colonia e da cellesi al fine di trovare un sito idoneo; si pensa alla località Rolio, ai Bottini, al Mezzalunga, ma in una nutrita assemblea nel teatro, il 2 agosto 1899, non pochi ritengono che un eventuale sviluppo edilizio renderebbe ancora troppo vicino all’abitato l’eventuale corpo edificatorio della Colonia, che, come sostenuto dai più, dovrebbe poi usufruire della medesima spiaggia.
Ed ecco allora che prevale il suggerimento avanzato da alcuni che indica il sito dove insistono oggi le Colonie.
La Congregazione di Brescia ben comprende le motivazioni della popolazione di Celle e quindi pone in vendita l’intera proprietà per poter compartecipare con il proprio capitale alla costruzione di nuovi edifici facenti parte dell’ “Opera Pia Istituti Lombardi per la cura Balneare Marina” inaugurata il successivo 30 giugno 1903 fra Punta Bûffou e Punta dell’Omo.
Il 2 giugno 1904 l’intera proprietà della Congregazione viene acquistata dall’imprenditore Napoleone Guagnino (atto notaio Bettoni Cesare di Brescia n.71/153) sollecitato da più parti e soprattutto dal Comune che, vista l’impossibilità di intervenire direttamente per le scarse disponibilità finanziarie, ha inteso promuoverne l’acquisizione privata ed il successivo parziale trasferimento all’Asilo Aicardi, ancora sprovvisto di sede propria; trasferimento regolarmente avvenuto con atto 22 settembre 1905.
Da tutte queste premesse scaturiscono alcuni apprezzamenti riguardanti i soggetti in causa:
– Una popolazione attenta alla gestione del proprio territorio e della propria economia, ma oltremodo sensibile anche ai bisogni di altre comunità.
– Un’amministrazione comunale che ascolta e condivide le esigenze dei cittadini ed è pronta alle nuove sfide che si presentano sullo scenario nei primi di quel secolo.
– Un imprenditore il quale, partecipe del manifestato timore della popolazione circa la permanenza dell’opera Bresciana in una zona centrale atta solamente alla nascente attività turistica, si impegna per il bene collettivo all’acquisto di tutto il complesso di proprietà della Congregazione onde evitare ulteriori ritardi il cui perdurare risulterebbe senz’altro dannoso alle prerogative poste dalla collettività.
– Una Chiesa il cui Parroco antepone il bene dei fanciulli malati come unico valore da difendere e da buon pastore invita il proprio gregge alla ricerca di una comune condivisione di scelta . In questo stava la forza della Chiesa, la quale non avrebbe mai pensato di acquistare la Colonia per poi trasformare il tutto in appartamenti da vendere ai facoltosi villeggianti di allora.
Il mio personale parere sulle ex colonie in Celle non varia da quello già espresso alcuni anni fa su “La Stampa”:
“Le proprietà originali, terminata l’opera svolta da circa un secolo, erano e sono tutt’ora debitrici nei confronti della comunità di Celle per il territorio sottratto per oltre un secolo a noi cellesi, alla nostra economia, alla nostra cultura. Infatti questo nostro territorio è stato loro concesso solo per una comune condivisione sociale e destinato a nobili istituzioni a favore di fanciulli bisognosi di cure, provenienti da altre Regioni”.
Territorio sempre ben recintato, non accessibile ai cellesi, con un campo di calcio presso le Colonie Bergamasche dove non veniva consentito a noi, allora ragazzini, di giocare una sola partita.
Ed ecco perché oggi quel territorio per anni impenetrabile è per tutti una scoperta, addirittura privilegiato dal FAI.
Complimenti, per anni ci è stato negato – quante generazioni non hanno potuto godere di tali bellezze!
Forse sarò l’unico ma continuerò a sostenere che il tutto doveva essere restituito alla collettività di Celle; probabilmente sarebbe stato sufficiente non apportare negli anni alcuna variazione di destinazione ai vari piani regolatori per evitare ogni speculazione. A Bertoldi vorrei rivolgere una domanda: è ancora possibile ricorrere ad una variante al piano?
Ho letto che verranno realizzati 200 appartamenti nell’area ex colonie bergamasche e mi viene spontanea una domanda: per chi? Si aggiungono questi ai circa 270 immobili (tra ville e appartamenti) oggi in vendita a Celle, ai 30 costruendi nell’ex albergo Pescetto, a quelli nell’ex albergo Milena, nell’hotel Argentina, nell’ex albergo Bagnara e così, ancora, secondo quello che sarà il destino delle rimanenti strutture alberghiere che recentemente hanno cessato l’attività. E poi a quanto verrà edificato nell’ex area Olmo, che però godrà, se non altro, di posizione ben più centrale e servita.
Dovrebbe far riflettere che a meno di un km dalle Bergamasche, nell’area retro porto di Varazze, è stata sospesa da un paio di anni la realizzazione di appartamenti, sembrerebbe per la mancata richiesta di acquisto.
Ma chi sono allora questi fenomeni! Quale piano economico li spinge a tanto? C’è solo da evitare che la sciagurata realizzazione dell’ex area Colonia vada ad accrescere il numero di quelle opere incompiute (mostri) che ultimamente hanno avuto sufficiente spazio sulle pagine dei giornali della nostra Regione.
Michele Manzi