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Calenda cola a picco: Il naufragio di un Don Chisciotte postmoderno

In un’epoca in cui la politica sembra più un teatrino felliniano che una seria competizione di idee, Carlo Calenda si staglia come il protagonista di una commedia dell’assurdo, con l’espressione incerta di chi si accorge, troppo tardi, di aver preso l’ennesima decisione scellerata. Un Don Chisciotte postmoderno che, lancia in resta, si lancia contro i mulini a vento di un centrosinistra sempre più ingovernabile, trovando però la strada sbarrata da una serie di sconfitte che si susseguono senza soluzione di continuità.

Il suo nemico giurato? Matteo Renzi, naturalmente, il Sancho Panza che non avrebbe mai voluto, ma che si è ritrovato al suo fianco in un’alleanza che definire travagliata è un eufemismo. Questa guerra fratricida tra i due leader di un centro ormai frantumato è il simbolo del declino di Calenda, un politico che si sta giocando il tutto per tutto, ma che sembra destinato a finire alla canna del gas. Come il Dio di Feuerbach, il progetto di Calenda è ormai solo un pallido riflesso di ciò che avrebbe potuto essere: una speranza spenta dalle sue stesse mani.

Tra le ultime perle della sua strategia politica c’è il tentativo maldestro e ruffiano di sedurre Elly Schlein, leader di un PD che già fatica a tenere insieme i cocci della sua alleanza, figuriamoci ad accogliere tra le sue fila un Calenda sempre più alla deriva. Non basta la teoria funzionalista di Durkheim, che cerca di spiegare come le istituzioni debbano adattarsi per sopravvivere: qui, siamo oltre l’adattamento, in una caduta libera che sfida ogni logica weberiana.

La scelta di puntare sulle elezioni regionali come ultima spiaggia per rilanciare la sua leadership si è rivelata un boomerang. In Umbria, l’appoggio alla sindaca di Assisi Stefania Proietti sembra una scelta ovvia, ma è solo un ulteriore segno di quanto poco sia rimasto del progetto originario di Azione. In Emilia-Romagna e Liguria, la situazione è altrettanto precaria, con alleanze che sembrano più dettate dalla disperazione che da una visione strategica a lungo termine.

E mentre Calenda cerca di rassicurare i suoi fedelissimi – “che stiano per lasciare sono solo chiacchiere messe in giro da Forza Italia” – la realtà è che la fuga dei suoi deputati più noti verso il centrodestra è solo questione di tempo. Del resto, come potrebbe essere altrimenti, quando la nave affonda e il capitano non fa altro che peggiorare le cose?

Il dramma di Calenda è tutto qui: un politico che, nella sua corsa disperata contro il tempo, si ritrova sempre più solo, con un progetto che si sgretola sotto il peso delle sue stesse contraddizioni. E, come un Don Chisciotte che non si rende conto che i suoi nemici non sono altro che frutti della sua immaginazione, continua a combattere una battaglia che sembra ormai persa in partenza. Ma forse, a questo punto, il miglior consiglio sarebbe quello di prendersi una pausa e riflettere: magari non c’è bisogno di un tavolo per l’intesa, ma solo di accettare l’inevitabile.

Antonio Rossello

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