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Bancarotta ATA: tra polemiche e inchieste giudiziarie, la sorpresa sul nome di un difensore

La vicenda giudiziaria relativa alla bancarotta di ATA, l’azienda di raccolta rifiuti del Comune di Savona, continua a occupare le aule di tribunale, coinvolgendo diversi dirigenti della partecipata comunale. L’inchiesta, portata avanti dalla Procura di Savona, riguarda la gestione dei bilanci di ATA nel periodo compreso tra il 2011 e il 2016. Secondo l’accusa, quei bilanci avrebbero riportato informazioni non veritiere, con l’intento di generare profitti illeciti, a discapito della trasparenza amministrativa e della corretta gestione aziendale.
Le operazioni che sono finite sotto la lente d’ingrandimento della magistratura includono la gestione della discarica di Passeggi, il progetto del parcheggio Sacro Cuore, la chiusura della discarica di Cima Montà e la gestione dei forni crematori. Questi progetti, secondo l’accusa, sarebbero stati gestiti in maniera opaca, contribuendo ad aggravare la situazione finanziaria di ATA, già fortemente compromessa.
Durante un’udienza precedente, il commissario giudiziale Giampaolo Provaggi ha evidenziato la gravità delle difficoltà finanziarie dell’azienda, che persistono ancora oggi. Le testimonianze e i documenti presentati hanno sottolineato come i dirigenti abbiano contribuito a peggiorare la situazione economica con una gestione fallimentare, lasciando un pesante fardello sulle spalle del Comune e dei cittadini.
Alcuni ex dirigenti di ATA hanno scelto di patteggiare, riconoscendo le proprie responsabilità. Tra questi figurano Sara Vaggi, ex presidente, Paolo Grondona, ex presidente del collegio sindacale, e altri membri del consiglio di amministrazione come Pizzorno e Ravera. Le loro pene, stabilite in sede di patteggiamento, arrivano fino a un anno e sei mesi. Il Giudice per l’Udienza Preliminare (GUP) ha disposto invece il non luogo a procedere per altre figure coinvolte, come Luisella Bergero e Maria Angela Palazzo, ex membri del collegio sindacale e revisori dei conti tra il 2014 e il 2016.
Nell’udienza odierna, sono stati ascoltati l’ex consulente amministrativo Giancarlo Zanini (imputato) e i testimoni  Sergio Scarone, Mario Tassinari, Roberto Caviglia e Laura Brucalassi.
Zanini ha risposto alle domande del Pubblico Ministero Ubaldo Pelosi, chiarendo che il suo ruolo si è limitato a fornire consulenze tecniche e di non essere mai stato coinvolto direttamente nella redazione dei bilanci contestati.
Sebbene l’udienza si sia svolta in un clima relativamente tranquillo, la rabbia per l’intera vicenda ATA continua a crescere tra i cittadini, che vedono la crisi della partecipata come un fallimento non solo amministrativo, ma soprattutto politico. La sensazione diffusa è che le responsabilità non siano state adeguatamente individuate, e che se anche vi saranno condanne, queste saranno lievi rispetto ai danni enormi causati alla città. La gestione fallimentare dell’azienda ha infatti portato non solo a un degrado dei servizi di igiene urbana, ma anche a una crisi di fiducia verso la classe dirigente locale.
Un altro elemento che ha suscitato particolare sorpresa è stata la rivelazione che il difensore di Giancarlo Zanini, l’ex consulente amministrativo, è il fratello dell’attuale sindaco di Savona. Sebbene la circostanza sia del tutto regolare dal punto di vista legale, molti hanno ritenuto la situazione inopportuna, considerato che il Comune di Savona, e quindi i cittadini, sono le principali vittime della bancarotta di ATA. Questo fatto ha ulteriormente alimentato il malcontento e la percezione che ci siano connessioni tra la politica locale e la gestione dell’azienda.
Il processo per la bancarotta di ATA continua a suscitare accese polemiche e rappresenta uno dei casi più delicati della recente storia amministrativa di Savona. Il fallimento dell’azienda, che ha portato al subentro di SEAS, ha lasciato cicatrici profonde nella comunità, non solo per i disservizi subiti, ma anche per la sensazione di impunità che sembra permeare l’intera vicenda.

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