PANSE’ O PATONZA ? |
Che tempi ingrati per noi ragazzi, purtroppo e a dispetto, stagionati. Ricordate? la chiamavamo “pansè” come nella canzone piena di sottintesi “oh che bella pansè che tieni, me la dai, me la dai…”, la stessa, sempre quella da Adamo e Eva, oggi abitualmente chiamata “patonza”. La differenza, anche e non solo nella fonia, non è da poco. La “pansè” odorava di un profumo inebriante se pur delicato, un fiore dai petali conturbanti celato nell’ombroso muschio umido di rugiada: un fiore oggi praticamente introvabile se non in qualche giardino botanico o in qualche paesello dell’Italia sperduta. La “patonza”, oggi, assomiglia più ad una polposa melanzana, lucida perchè rigorosamente depilata, senza profumo perchè asettica, oliata nella parte meccanica. E’ ovvio, i tempi sono cambiati, non più pizzi e merletti come le nostre mogli o amanti, ma sottilissimi fili a coprire il nulla, probabilmente anche scomodi da indossarsi e fastidiosi. Le donne sono cambiate, sono andate avanti, ben oltre l’immaginario, trastullandosi con noi maschietti tanto più maturi quanto più vulnerabili, con voraci registratori a far cassa e conti in banca. Resta sempre il povero diavolo, discriminato e al quale nessuno presta attenzione, nè la recente finanziaria nè la Caritas: basterebbe distribuire insieme ai “buoni pasto” anche qualche “buono patonza” magari una volta al mese e senza data di scadenza. Gianni Gigliotti
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