‘Pesci freschi, donne! Anciùe, sardenn-e, bughe, zerli, suéli, laxerti, pignuètti…!’(1) (Acciughe, sardine, bughe, zerli, sugarelli, sgombri, pignoletti) in quelle ‘de ‘na votta‘ (2) , le pescherie, si fa per dire: i carretti. Due a Celle, da Via Consolazione fino in fondo a Via Aicardi, avanti e indietro. Li mostriamo ai Lettori perché restino a testimonianza di un mondo assorbito dal progresso, con tutti i benefici di cui godiamo, e pure qualche perdita, chi la coglie e ne sente qualche struggenza. Quello di Maria ‘a Suéla, il primo e più vecchio, con il pescato che andava a trattare ad ogni arrivo di cala con l’aiuto di Baciccia u Castellò e di Bepìn u Seua (diminutivo di Giuseppe, coriaceo come una ‘suola’ di scarpa). Personaggi indimenticabili che facevano a buon merito parte del paesaggio, delle case appoggiate l’una all’altra, dei muri rosicchiati dal salino, dei vicoli ululanti al vento ‘di traverso’, grecale o maestrale… Gente, che di cognome facevano Firpo e Badino, e che parevano venuti proprio su dal mare, dove passavano quasi tutto il tempo con i loro attrezzi a riempire panée, (le attuali cassette, un tempo di tavolette di legno ed ora di polistirolo bianco) di pesce azzurro per il ‘carretto’, da cui traevano sostegno, tutti d’un intento, spartendosi il ricavato sul momento. O prendevano ‘’na cengia’ (una cintura a tracolla con cordicella o catenella con piccolo terminale in sughero o scorza di pino, abilmente da avvolgere alla corda della rete a strascico da terra, la ‘sciabica’, e mettersi a tirare di forza) per la magari pescosa calata ‘du Drietta u Navarìn’ (Andrea Venturino) marinaio di lungo corso giunto forse nella regione spagnola della Navarra sull’Atlantico, di lì il soprannome. Forse anch’egli il primo e più vecchio dei pescatori ‘imprenditori’, proprietari di barca e rete, che davano sostegno alle famiglie cellesi prima dell’avvento di fabbriche metalmeccaniche, l’ILVA di Savona in testa, la OLMO della ‘Biciclissima’ a Celle e l’avvento del mattone.
A dirigere le operazioni il burbero e irascibile ‘u Gigiòtu’ (GB. Spotorno) con maschera fissa da tragedia greca.Tutti poi–ma non facciamo torto a ‘ù Ciumma’ ‘il Piuma’, pescatore solitario, Bartolomeo Manzi, cui in seguito dedicheremo un capitoletto – a non disdegnare, di andare fugacemente a prendere il cosiddetto ‘perdono’ alla prima osteria, la più vicina – dau Trentun, da Togno da Buttin-na, ‘n-ta Sucietè di gotti, dau Pisciòu, da Israèle…(3) – da una all’altra a tenersi ben aderenti alle pareti come le case, nei vicoli, per non farsi notare e stare in piedi. Base nostralino, chiaro o scuro non importava…con tanti repetita iuvant e senza bisogno di essersi confessati prima… E li incontravi, rosei e sorridenti, santi e beati…
Ma già in anni precedenti si vedevano barche da levante o da ponente venire a calare nella nostra piccola insenatura, alquanto rientrante e abbastanza chiusa per essere di protezione per sciami di pesce azzurro, dunque di buona pescosità. In paricolare ’barchi foresti’: ‘ù Giancu’ (il ‘Bianco’) da Albisola e ‘ù Gallinna’ (il ‘Gallina’) da Varazze, che arruolavano cellesi ben disponibili a portare in tavola pesci e con- tare quale liretta. Forse da più lontano, ‘ù Camurùn’, completamente attrezzati di ammassi di reti e equipaggio autosufficiente. Veloci, professionali, calavano anche più volte, si prende- vano ceste di pesce e se ne andavano a venderlo in qualche piazza o mercato più capienti di Celle… Fino alla prossima volta, perché il mare, e il pesce che nuota, è di tutti e non c’erano più, grazie ai çellaschi di lontana storia, le gabelle di Genova… Ma, oltre questi, si vedeva un gozzo diverso, stretto e lungo, della capacità di sei e forse più rematori per fiancata. Era un gozzo improprio, con albero corto a vela latina, del tipo detto ‘sestrìn’, e veniva da levante, prodotto da ‘maestri d’ascia’ in quel di Sestri, Ponente o Levante…? [Diciamo il primo, perché nel secondo usavano i leudi, a vela latina non a remi, forse più per trasporto che per pesca, come quello che campeggiava sull’arenile di Sestri Levante, a simbolo. Il più grosso, di 15 ml e 5 di bompresso, recentemente restaurato e rimesso in acqua per servizi turistici. ndr] Dunque ‘barco’ per lunghe tratte, e per il ‘tartanùn’ (ne abbiamo scritto nel numero precedente per ‘u caligu’) che, questo infatti, veniva da Sestri Ponente a remi, a tiro di uno, forse due, gozzi più piccoli e panciuti, che poi lasciavano in secco contro il muraglione della ferrovia, reti ben armate e ordinate, pronti per l’indomani al primo chiarore. Gozzi ‘vazìn‘ (varazzini), tipo ligure-mediterraneo a ben tenere il mare: capolavori dei tanti piccoli laboratori artigianali a continuare la grande attività cantieristica di Varazze sin da epoca romana, grandi velieri. Ascendenti, non a caso, poi dei Cantieri Baglietto, con gli yachts, i primi per stile ed ele- ganza, i più famosi in tutto il mondo).
Il capobarca, o ‘ù bacàn’,(4) il capo, qui pure padrone di barca e reti, stava seduto a poppa a incitare, a volte imprecare, a dare indicazioni e ordini per mantenere la rotta o non far ‘imbragare’ la rete (bande e sacco imbrogliati come un’unica ‘braca’, per effetto della corrente mal calcolata). Uomo di poche parole, non alto ma ben piantato, perenne berretto sul volto abbrustolito dal sole e mani callose di salsedine. Primo a scendere a terra, calzoni arrotolati sopra il ginocchio estate e inverno, e ultimo a salire ad ogni ‘cala’ o partenza.
Si chiamava Emanuele Michelini, poi cono- sciuto come ‘ù Nellu’ o ‘Stellìn’, e che le acque di Celle erano sicuramente molto fruttuose, questo l’aveva fiutato, e non solo quello… Stante che dopo tante calate, aver preso tanti pesci… vi prese pure moglie, Geronima Rebagliati, della numerosa famiglia dei ‘Breuxi’, fattisi da soli, imprenditori di ‘Bagni Italia’, taxi, ecc. Lei, in famiglia e nella vulgata, ‘Ina’, a vendere sul carretto i pesci che dalla rete le portavano i fratelli, taluni pescatori anch’essi, secondo quantità di pescato, prezzo e previsioni di vendita, dipendente dal tempo…
Era pressochè lo stesso per Maria ‘à Suèla’, che ci pensava il Baciccia ad andare ad ogni arrivo a terra di rete con tutto quell’argento guizzante nel sacco, appena aperto, con all’in- torno i pescatori spediti e affaccendati a separare i pesci per le diverse qualità di pregio, a farne il prezzo, secondo quantità di fortuna, all’istantanea cessione (momenti immortalati come non meglio nelle tele di Raffelìn Arecco). E se la calata era stata fortunata, e più ce n’era, nel sacco, più basso sarebbe stato il prezzo e più affari sul carretto.
Con il matrimonio de ’ù Nellu’ con ‘à Ina’, in chiesa, vi era stato pure quello sulla spiaggia tra barca e carretto, dove uno pescava e l’altra vendeva. Binomio perfetto, per quello che oggi chiamiamo ‘dal produttore al consumatore’, cioè senza passaggi di mano, o a ‘Km Zero’. Ma carretto faticoso per la Ina, esposta alle intemperie, pioggia e freddo, e caldo per la conservazione del prodotto, la quale, sposa, nel frattempo aveva messo al mondo e cresciuti una coppia di figli, Agostino e Franca: uno ad aiutare il padre in barca, e l’altra alla vendita con la madre, ciascuno ad imparare il proprio mestiere. Con la fine della guerra, con tali forze, e per dar loro un avvenire, nel sentore dell’arrivo di nuovi tempi, tecniche e tecnologie, e ritorni e visibili incrementi di movimenti turistici, è giunto il coraggio di mettersi al coperto in un ‘fundegu’: prendere in affitto un locale in centro paese, nel quale vendere il pesce, protetto sul banco, e conservato da un giorno all’altro non più in improvvisate ghiacciaie ma in celle frigorifero con i ritrovati della moderna tecnica e nuove norme igienico sanitarie. Ed ecco l’a- pertura della prima e, allora, unica ’Pescheria Nello Pescou’ nel largo con il doppio archivolto per via Montegrappa-angolo via Ghiglino, in Celle Paese.
Passati gli anni, una quindicina, il paese era cresciuto e aumentato il giro d’affari per l’avvento del turismo di massa e del boom edilizio del- le cosiddette ‘seconde case’. Nel frattempo, erano venuti a mancare i genitori, ed i due figli avevano formato ciascuno la propria fa- miglia con figli: Ago- stino ‘Gustìn ù Nellu’ con Adriana Bruzzone, cellese-çelasca, figlia di uno dei sette fratelli dei Bagni Lido e Franca, Franca di pesci’, con Giuseppe ’Pino’ Giacchero, bas- so-piemontese e genovese di adozione. Gioco- forza, ingrandirsi, regolare i rispettivi rapporti mettendo le forze in una seconda unità di ven- dita. Da parte della figlia, la ‘Pescheria Franca’ in via Ciambrini, in tempi successivi spostatasi dov’è ora, sullo slargo con via S. Antonio.
Al fratello la prima, anch’essa in tempi recenti spostatasi pochi metri di fronte, direttamente sulla via dov’è tutt’ora. Lo stesso aveva poi aperto un punto vendita ai Piani, in Via Milano, dov’è ora la Farmacia Piani [a fianco dell’allora tabaccheria, ora in via Monte Tabor, ndr], gestito dalla moglie, e anni fa chiuso per il declino abitativo extra stagionale della località.
Attualmente e da anni, venuto a mancare il genitore e successivamente la sorella Marinella (il primogenito, Nello, era stato portato via ragazzino da un’inguaribile malattia) la Pescheria di via Ghiglino è gestita dall’ultima nata Maria Adriana coadiuvata dalla mamma.
Quella di via Ciambrini/S.Antonio dalla figlia Ines coadiuvata dai genitori, dove ha aggiunto con successo oltre all’offerta del pesce fresco, il pesce fritto: acciughe, anelli di totali, gamberi, ed altri preparati tutti a base di pesce: da asporto, o consumato a passeggio o seduti all’esterno su sedie e tavolini pronti all’uopo, in quello che va di moda, lo street food.
Qualcuno, di non verde età, ricorda certo le famose arbanelle (5) di acciughe del loro pescato e…salato! Anche il prezzo per la loro genuinità!
Pierino Ratto da A Civetta
(1) Acciughe, sardine, boghe, zerli (x), sugarelli, sgombri, pignoletti (y); (2) di una volta); (3) difficile traduzione che evitiamo per non togliere colorito alla curiosità dei nomi; (4) Bacàn, lemma sudamericano esportato oltre atlantico: signore, persona di buon gu- sto, gentiluomo; o dal turco Bakan: gran signore, capi- tano, cancelliere, capo; (5) barattoli di vetro.
(x) ‘Zerli’( lat. zerlo, i). Pesce azzurro non di prima qualità, ma presente sui banchi di vendita, eccellente fritto croccante. Famosi i ‘Zerli di Noli’ in ‘scabeccio’ e pure nel meridione con aggiunta di erbe piccanti. Fritti senza impanatura, lasciati asciugare su carta tipo as- sorbente, indi adagiati a strati frammettendo foglie di alloro (chi pepe, peperoncino, origano…chi, dopo fritti, lasciati in bagnetto di vino e aceto bianchi. Una specie di ‘carpione’: super per le ’bughe’.
(y) minuti come piccoli pinoli, in scorza, stesso co- lore marrone: specie assolutamente protetta e presso- chè estinta; quando presenti, in fitti branchi, pescabili a mare aperto ma vicino alla riva, con la risseua, rete a sacco di maglia molto fitta e bande di 20-30 metri, da calare e tirare con mare calmo, per attività più che altro di divertimento..
(*) ‘u’ francese
(foto Archivio Michele Manzi)