ALASSIO. — «Non è colpa mia: è la natura». La scritta in pennarello nero accompagna una fotografia esposta all’ingresso dei Bagni Manin. È un’immagine della spiaggia al tramonto: siamo nell’agosto 2005 e il gestore dello stabilimento balneare — Enrico Giancola — ne aveva misurato la larghezza. «Dalle cabine al mare, 38 metri precisi», ricorda. E oggi? «Non arriviamo a 11: ne abbiamo persi 27, in media un paio ogni anno». Chiede scusa alla gentile clientela per il “disagio”. Complici le mareggiate, più il lento battere delle onde che consuma i sedimenti, il suggestivo arenile sabbioso di Alassio — ricercata rarità, in Liguria — sta scomparendo. Forse per sempre. Nella perla della Riviera, gli ombrelloni e le sedie a sdraio nervosamente si stringono in quel che resta, s’affollano come in un vagone della metro: alla disperata ricerca di un centimetro di spazio quasi s’immergono in acqua e finisce che inghiottano la battigia, stretta e trafficata più del celebrato “budello” alassino. Un carnaio. Ma nonostante gli spericolati accrocchi dei bagnini, rispetto alla passata stagione ben oltre un migliaio di lettini e almeno cinquecento ombrelloni sono finiti in magazzino. Aiuto, mi si è ristretta la spiaggia. È solo l’inizio: secondo una simulazione dell’Università di Genova, nel 2050 metà Alassio sarà sommersa dal mare, che sale inesorabile.
In origine, la più grande e bella spiaggia della Liguria era quella del capoluogo. Sì, Genova: cominciava dal quartiere di Sampierdarena e arrivava a Voltri, quasi 15 chilometri di arenile. Qui erano sorti i primi stabilimenti balneari italiani, nella seconda metà dell’Ottocento. Poi il porto cittadino si è allargato, sono nati il polo industriale di Cornigliano e l’aeroporto di Sestri Ponente, infine il terminal di Prà: a parte un breve tratto all’altezza di Pegli, in quel tratto di mare nessuno si tuffa più da tempo. E quant’altri disastri, nel Tigullio o lungo la Riviera dei Fiori. «La costa ligure resta una delle più varie e interessanti del Mediterraneo. Ma anche tra le più antropizzate, cementificate. Vissute. Meriterebbe un po’ di riposo, però come si fa?». Marco Ferrari insegna geomorfologia costiera presso ed è responsabile del Distav, Dipartimento Scienze della Terra, Ambiente e Vita. Se gli chiedete del Jova Beach Party — il concerto di Jovanotti, in programma sulla spiaggia di Albenga e saltato perché lì il mare si è appena divorato una decina di metri di litorale — vi dirà che non c’è problema. «Si tratta di un fenomeno di assestamento. In quella zona negli ultimi 10 anni la riva è avanzata di 30 metri, merito di una provvidenziale legge regionale che impedisce di scavare nei letti dei fiumi liguri, così le coste tornano ad essere naturalmente alimentate dai sedimenti trasportati a valle». Diversa è la storia di Alassio, giusto accanto ad Albenga. «E’ un piccolo gioiello protetto dal libeccio, il vento di sud-ovest che governa il mar Ligure, ma esposto allo scirocco: non riceve più una alimentazione naturale (i pochi rii del paese sono tutti tombati), e il continuo movimento delle onde ha finito per ‘usurare’ i sedi- menti». Nell’ultimo mezzo secolo ha ridotto a tal punto le dimensioni dei granelli, che la sabbia non si deposita più. «E basta una piccola mareggiata, come quella dell’altra settimana, per portarsi via gran parte della spiaggia emersa».
Angelo Gualtieri, vicesindaco, fa le veci del primo cittadino (Marco Melgrati, condannato in primo grado per le ‘spese pazze’ in Regione). Prima mostra una fotografia del lungomare alassino negli anni Cinquanta: «La spiaggia è stretta come in questi giorni. Il mare prende, e restituisce. Ma allora il nostro era un turismo di élite, bastava un paio di file d’ombrelloni». Ora, invece. Poi c’è la storia della ‘vecchia’ sabbia che si è fatta polvere. Gualtieri racconta di avere appena dato il via libera ad un intervento sperimentale in programma al termine della stagione:
«Quattrocento metri di barriera corallina artificiale, per proteggerci dall’erosione. E continueremo col ripascimento del litorale, prelevando materiale in mare con una chiatta». Intanto si contano i danni. Il vicesindaco, assessore al turismo, è titolare di un albergo. «Il calo delle presenze arriva al 15%. Abbiamo 112 stabilimenti balneari, 8.000 sdraio: in media si rinuncia al 10-20% dei posti». Con la spiaggia ridotta, aumentano le attività e gli svaghi in mare: gin- nastica, partite di pallavolo (ci sono anche le ragazze della Nazionale di volley), karaoke, tornei di carte. Tutti con l’acqua alle ginocchia. Il vicesindaco spiega che l’esperimento della barriera corallina artificiale riguarderà la zona centrale e più famosa del litorale alassino. Il famoso Muretto di Alassio dista meno di un centinaio di metri. «E se fra 30 anni sarà tutto sommerso dal mare? Ho letto la previsione dell’Università. Mi auguro che la responsabilità di gestire questa situazione andrà oltre noi piccoli amministratori».
Max Serafino gestisce il Graf, elegante ristorante e stabilimento balneare. «Se vogliamo che Alassio sopravviva, ci vuole un intervento strutturale importante: a Marina di Loano hanno fatto un porticciolo, e ci hanno guadagnato 15 metri di spiaggia». Davvero possiamo costruire ancora, e poi prender- cela con la natura? Il professor Ferrari scuote la testa. «Tutte le spiagge del mondo sono in grado di difendersi da sole dal moto ondoso: ma dopo avere fatto tanti danni, ora bisogna metterle in condizione di farlo. Serve studiare caso per caso: capire, imparare ad amare e prevenire. Non con degli ostacoli. Perché se provi a combatterla, la natura, alla fine perderai sempre».
MASSIMO CALANDRI da La Repubblica