Proseguiamo il resoconto dell’appalto “Pennello Bûffou” limitandoci ai fatti più significativi.
- I lavori, consegnati il 10 aprile, non avrebbero potuto iniziare perché dal 31 marzo è vietato effettuare versamenti in mare, cominciando il 1° maggio la stagione balneare. Inaspettatamente, il giorno 28 aprile, l’Impresa (avete visto quale Impresa!) ha iniziato a scaricare in mare del materiale terroso in concomitanza con una mareggiata che lo ha disperso mentre veniva versato. Il disastroso versamento è proseguito il 29 e 30 aprile al ritmo di 40 camion giornalieri, in costanza di mareggiata.
Un cittadino si è rivolto all’ARPAL che ha il compito istituzionale di controllare i lavori e proteggere l’ambiente marino. Era doveroso il suo immediato intervento, visto che senza la sua autorizzazione ed in periodo di divieto si stava versando in mare materiale terroso.
Invece, ben cinque giorni dopo, l’ARPAL ha scritto chiedendo spiegazioni al Comune, che ha chiesto delucidazioni all’Impresa, che le ha fornite al Comune, che le ha trasmesse all’ARPAL, che dopo 49 giorni ha posto fine alla questione comunicando al cittadino che l’Impresa aveva garantito (autocertificazione?!) la regolarità dell’operazione. E la mancata autorizzazione ? Ed il divieto? Provateci voi a versare una sola carriola di terra in mare giurando di essere in regola e vedrete che risultato!!!
Lascia esterrefatti che ciò sia avvenuto in concomitanza con una mareggiata, che ha disperso immediatamente il materiale versato. Si sarebbe comportato esattamente così chi avesse voluto smaltire del materiale, non chi avesse voluto costruire.
All’Autorità Anticorruzione, che aveva chiesto spiegazioni in merito a tutto l’appalto, il Comune ha precisato che “… i lavori hanno avuto inizio in data 30 aprile… e sono andati avanti solo poche ore”. Si è però reperito il fax del 29 aprile, con il quale la Capitaneria di Porto di Savona ha intimato al Comune di Celle di sospendere immediatamente i versamenti. In una delibera successiva è verbalizzato che i lavori erano iniziati il 28 aprile.
- Come già detto, il progetto prevedeva di effettuare i lavori via mare. Prima della consegna lavori, però, Comune ed Impresa si erano illegittimamente accordati per farli via terra; del cambiamento si era informata solo la Capitaneria di Porto. Il 18 ottobresi è comunicato alla Capitaneria di rinunciare a effettuare i lavori via terra poiché la scelta si era dimostrata sbagliata, e di volerli fare via mare come previsto dal progetto iniziale. Due giorni dopo, però, il 20 ottobre, i lavori sono ripresi, proprio da terra!
- Finalmente, il 5 dicembre, il Comune ha approvato una variante che ordinava la costruzione da terra; naturalmente la variante era illegittima perché la costruzione da terra era iniziata molto prima. Nella determina comunale era scritto che il cambiamento da via mare a via terra si era reso necessario perché non si trovavano i mezzi nautici per il trasporto, ma la nota inviata alla Capitaneria conteneva anche il nome della ditta che avrebbe trasportato il materiale via mare ed il pontone da utilizzare ( matricola nautica 7784 e RINA 54317). Comunque, sappiamo che la decisione era stata presa già mesi prima. Adesso mettete un po’ insieme l’imbroglio dei lavori via terra con lo strano versamento!!!
- La prima variante ha anche deciso di riconoscere all’impresa un aumento del 25% dei materiali perché si era riscontrato che il fondale rocciosoera sprofondato dopo la sua misurazione! A parte la stranezza, l’opera era considerata “a corpo”, così come indicato dal Capitolato Speciale d’Appalto nel Bando di gara, nel Verbale di gara e quindi “Per le opere o provviste a corpo il prezzo è fisso e invariabile senza che possa essere invocata da alcuna verificazione sulla loro misura”.
- Si è costruita una pista di discesa dalla via Aurelia alla spiaggia, utilizzando 2.700 mc. di materiale. Terminata la costruzione del pennello, tale materiale è stato spinto in mare. Con lo Stato Finale dei Lavoriè stata pagata la movimentazione di 8.750 mc. (oltre tre volte di più). Per costruire la pista ci sono voluti 700 mcdi materiale e per disfarla se ne sono dovuti portar via 8.750 mc!!!
- Il Conto finalecomprende una voce di versamento via maredi massi, per 1.650 ton, ma la Relazione allegata dice che tutti i lavori sono stati fatti interamente da terra senza mezzi marittimi.
- Con una seconda perizia di variantesono stati riconosciuti e pagati oneri dovuti a maggiori versamenti di materiale, resisi necessari durante l’intera durata dell’opera per l’azione del mare sulle opere provvisionali. Anche per questo vale il divieto di rinegoziare le quantità in opera a corpo, ma vale anche quanto precisato dal Capitolato d’Appalto:“Nessun compenso sarà dovuto per danni o perdita di materiali non ancora posti in opera, opere provvisionali ecc.”
– Con la stessa perizia di variante,datata 4 giugno, si sono riconosciuti dei danni per mareggiata del 30 ottobre dell’anno precedente. Ancora indebitamente.Lo ha riconosciuto anche il Comune che, con propria nota inviata all’Autorità, ha scritto:“Per quanto riguarda il risarcimento dei danni per forza maggiore si conferma quanto affermato nel Capitolato Speciale di Appalto che non consente tale opportunità per le opere provvisionali”.Tuttavia, si è scritto, l’Amministrazione ha deciso di pagarli lo stesso, otto mesi dopo, per l’intensità della mareggiata. Cioè non era forza maggiore ma “stramaggiore”?
- Dopo aver ottenuto il pagamento di maggiori versamenti per danni avvenuti durante l’intero corso dei lavorie per danni da mareggiata si riteneva che il capitolo danni fosse finito. Invece, cinque mesi dopo la fine dei lavori, l’Impresa ha ottenuto il riconoscimento di ulteriori maggiorazioni di materiale per le opere provvisionali. La motivazione è stata che l’incremento della spiaggia dimostrava un maggior versamento di quello già riconosciuto (?!) Ma se il materiale è stato acquistato bastava vedere quanto ne era stato fatturato! Complessivamente si è pagata una quantità di materiale pari a 6,7 volte quello di progetto.
- Il materiale doveva essere tout-venant, costituito da frammenti di roccia di varia pezzatura che per la parte con diametro inferiore a 2 cm doveva essere minore del 10 %. Nelle analisi effettuatesu tre campioni presentava invece una percentuale di frammenti con diametro inferiore a 2 cm pari al 43 %, al 74 % ed al 30 %.Inoltre sono risultati completamente assenti frammenti superiori a 10 cm, mentre erano previsti fino a 50 cm: era terra, che non viene acquistata: ecco perché non si sono controllate le fatture!
- Il progetto prevedeva che la mantellata fosse costituita da due strati di massi nel corpo del pennello e di tre sulla testata.La modifica apportata con variante ha invece comportato l’esecuzione della mantellata con un solo strato, mantenendo il pagamento iniziale.
– Dopo la fine dei lavorisi è affidata ad altra impresa l’asportazione di massi dalla battigia, accollandone l’onere al Comune.Nella Relazione è scritto che essi erano il residuo lasciato dall’impresa COFOR e il Capitolato d’Appalto prescriveva che il loro sgombero finale fosse a suo carico.
- La prima variante, per essere approvata, non doveva comportare un aumento dei costisuperiore al 5% dell’importo originario del contratto. Complessivamente, invece, la variante avrebbe comportato un aumento pari al 29,3%. Per rimediare si è ridotto il ripascimento contenendo quindi il maggior onere contrattuale al 13,8%.
L’Autorità Anticorruzione afferma che contrasta con la legge l’operato del Comune“che contiene artificiosamente nel limite del 5% l’incremento dell’importo dei lavori conseguente alla variante, estrapolando dall’appalto alcune lavorazioni”.
Nonostante la riduzione del ripascimento, il maggior importo della variante era ancora più del 5%.
La tabella ad incrocio riportante i costi della variante, però,presenta due errori di somme, uno in orizzontale ed uno identico in verticale, che si nascondono a vicenda e che hanno contenuto il costo della variante nel 5 % obbligatorio (che provvidenziale coincidenza!).
- Nel certificato di collaudoè stato scritto chel’impresa aveva adempiuto agli obblighi assicurativi ed era in regola nei confronti dell’INAIL, dell’Ispettorato del Lavoro e dell’INPS, così si è pagato il saldo. L’Ufficio Tecnico comunale, con nota di nuovo funzionario, ha successivamente scritto all’Autorità Anticorruzione che“la ditta aggiudicataria dei lavori … non risultava in regola con gli adempimenti relativi alle assicurazioni obbligatorie. Alla data odierna nonostante i ripetuti solleciti la ditta CO.FO.R di Reggio Calabria non ha provveduto a regolarizzare il pagamento agli Enti”.
Il mancato adempimento avrebbe dovuto comportare la sospensione del pagamento a saldo e la possibile esclusione dell’Impresa da qualsiasi appalto per un periodo fino a cinque anni.
- A fine lavori, la sabbia per il ripascimento, nella rilevante quantità pari ad un palazzo di 40 alloggi, doveva essere spinta in mare a metà spiaggia, mentre il materiale ricavato dal disfacimento della pista doveva essere affondato in prossimità del pennello. E qui si è realizzato un ben congegnato artifizio indicato dall’Anticorruzione fra le irregolarità dell’appalto. Si è chiesto alla Regione di poter versare la sabbia direttamente presso il pennello, dicendo che la rampa in cemento esistente a metà spiaggia era inagibile. Si è anche chiesto che la parte di pista dilavata dal mare ( solo cento o duecento metri cubi rispetto ai totali 8.500 previsti) fosse impiegata come sabbia per il ripascimento. Ottenuta la risposta positiva, si è deliberata una variante ai lavori che spudoratamente diceva di essere stati autorizzati ad effettuare il ripascimento sostituendo la sabbia con il materiale della pista. Il ripascimento, però, necessitava che l’ARPAL verificasse la compatibilità della sabbia da versare (che non c’era e non c’è mai stata) con la sabbia della spiaggia esistente. Si è superata la difficoltà facendo analizzare all’ARPAL del materiale ammucchiato presso la cava Pastorino di Albisola Superiore e scrivendo nei documenti della variante: “Il campionamento dell’ARPAL ha quindi riguardato il materiale della pista … ed anche quello del sedime esistente sulla spiaggia dei Piani, allo scopo di verificarne la compatibilità reciproca …. con responso positivo”. E così molto meno di 2.700 mc di terrasono “diventati” 8.500 mc di sabbia!
– Le analisi compiute dall’ARPAL a fine lavori hanno evidenziato nella spiaggiauna presenza di cromo quasi quattro volte il massimo consentito e una presenza di nichel pari a più del doppio del valore massimo consentito.
A seguito degli esposti presentati è stato rinviato a giudizio il solo Direttore dei lavori, con l’imputazione di aver utilizzato per il ripascimento il materiale (della cava di Albisola) che, analizzato dall’ARPAL, aveva evidenziato una percentuale del 20-25% di granulometria inferiore a 0,5 mm e valori di nichel e cromo superori a quelli di legge, in assenza di autorizzazione ambientale.
Ma negli esposti era ripetutamente scritto che il materiale analizzato non era quello poi usato per il ripascimento: non c’entrava niente! Il rapporto di prova delle analisi conteneva la dicitura:“Punto(di prelievo – ndr)(Albisola) Cava Pastorino – Luceto – Albisola Superiore”.
Nella sentenza è scritto che “il materiale utilizzato per il ripascimento era comunque compatibile, conforme, analogo a quello già preesistente” e “tali considerazioni, peraltro, sono state riferite da tutti gli appartenenti alle istituzioni coinvolte da questo accertamento (ARPAL, Comune, Regione) escusse in dibattimento , anche come testi indicati dalla Procura”.
Appunto, l’insistenza unanime a considerare salvifica una analisi che non c’entrava niente e a ripetere che il materiale analizzato era quello del ripascimento lascia veramente sconcertati. La stessa Autorità Anticorruzione aveva rilevato che “le opere del ripascimento arenile, previste in progetto in sabbia e ghiaietto, sono state realizzate mediante l’utilizzo del materiale della rampa e della pista di cantiere” indicando il fatto come variazione qualitativo-quantitativa di fornitura.
E così,con sentenza emessa dal Tribunale di Savona, il Direttore lavori è stato assolto e tutto ha avuto fine. Ma la turbativa d’asta con la possibile frode in pubbliche forniture e le varianti illegittime denunciate dall’Anticorruzione e gli indebiti vantaggi procurati all’Impresa?
Conclusione: massima attenzione alle infiltrazioni mafiose, protocolli antimafia … Ehhh … Vabbè.
Lotta alle mafie ed alla corruzione, trasparenza … Mah … Sarà …
Se la stessa attenzione fosse posta nell’appalto dell’Aurelia Bis (con le sue gallerie), o nell’appalto della Piattaforma di Vado (con 5 milioni di metri cubi di materiale terroso versato in mare), o negli appalti della Gronda, del Terzo Valico, del rifacimento del Ponte Morandi, o semplicemente negli appalti di manutenzione delle infrastrutture viarie, cosa ci sarebbe da aspettarsi, se non crolli, disastri ambientali e incidenti vari?
Indignarsi e fare tanta cagnara dopo le tragedie è da ipocriti (lasciamo perdere i delinquenti ed i collusi) o da poveri cittadini disinformati, quali in maggioranza siamo. Non ci si indigna al verificarsi degli effetti, ma all’insorgere delle cause!
Luigi Bertoldi