Accorpamento province

QUELLE PROVINCE IN CERCA DI MARITO
Dove l’accorpamento è imposto, è scattato allora, puntuale, lo scemenzaio pubblico, come succede a Imperia, costretta a unirsi a Savona.

I TECNICI al governo sono a volte troppo bravi per fare le cose semplici.

Ad esempio, avendo deciso di risparmiare sulle Province, invece di cancellarle tutte, tagliando gli apparati politico-elettorali che le dissanguano e declassandole a dipartimenti locali delle varie Regioni, conservando le competenze essenziali e magari anche le targhe, hanno fatto figli e figliastri, salvandone alcune e condannandone altre. Non hanno capito che la storia territoriale dell’Italia è più provinciale che regionale e che comunque il costo comprimibile delle Province è quello dovuto alle loro strampalate politiche, non già alle loro funzioni di base (strade, scuole, trasporti ecc.).

Che uno dei costi più significativi sia quello generato dalla politica, è noto a tutti e lo ha appena ben spiegato, a Imperia, un competente come Gabriele Saldo, già capogruppo del Pdl in Regione e responsabile provinciale del partito: Saldo è uscito dal Pdl denunciando l’uso clientelare di una Provincia, in cui le logiche sono solo quelle di chi adopera la macchina pubblica allo scopo di procurarsi un consenso ancor più personale che di partito.

Tutto il resto, le competenze istituzionali, viabilità, suolo ecc., è fumo che copre altri arrosti.

Ma la soluzione di eliminare la sovrastruttura politica e salvare l’essenziale operatività territoriale era troppo facile per i grandi tecnici, i quali, pur pensando, giustamente, che le Province, come enti elettivi, sono inutili, si sono limitati a dire che sono troppe, lanciando così la demenziale corsa agli accorpamenti.

Dove l’accorpamento è imposto, è scattato allora, puntuale, lo scemenzaio pubblico, come succede a Imperia, costretta a unirsi a Savona. I politici ponentini non ci stanno. Come una zitella attempata che voglia sposare solo un giovane re, i maggiorenti imperiesi vanno esaminando improbabili pretendenti ricchi e fanno le loro liste di gradimento: Nizza (in Francia), Cuneo (in Piemonte), in una gara a chi la spara più grossa, che, tra poco, vedrà sicuramente spuntare anche la proposta di unione con la ricca Provincia autonoma della Val d’Aosta, in fondo, anch’essa confinante con la Francia.

Il solo risultato sicuro è di indispettire il partner inevitabile di Savona, con il solito smorfioso senso di superiorità e di fastidio per il proprio vicino di casa. Sia chiaro: Imperia ha molti rapporti con la Francia. Come acutamente osserva il sindaco di Sanremo Zoccarato, gradirebbe (e non sarebbe la sola) persino appartenere al forte, invidiabile Stato a noi confinante. Peccato solo che sia appunto un altro Stato, per di più, a quanto pare, per nulla smanioso di ereditare l’imperiese con i suoi consigli comunali sciolti per mafia. Anche con Cuneo i contatti sono molti, in passato anche  superiori a quelli con Savona: lì si è persino trovato qualche anima buona disposta a dire che sì, sarebbe bello se Cuneo si sposasse con Imperia: lo sbocco al mare è un’antica aspirazione… Ma neppure con Savona, come ha ben dimostrato su questo giornale Aldo Lampani, mancano i legami, economici, affettivi, culturali, storici. Basti pensare che da sempre, la diocesi di Albenga-Imperia (e la diocesi è un elemento di aggregazione storicamente importantissimo) ha unito il territorio da Pietra Ligure a Imperia, al punto che, in passato, i rapporti della città capoluogo con Albenga sono stati più intensi di quelli con Sanremo.

Ma i politici imperiesi disdegnano l’unione con Savona, perché il vicino di pianerottolo è sempre quello che si odia di più, come mostrano anche quelli del Tigullio il cui nobile scopo è solo quello di non stare con Genova o con La Spezia. Tutti vanno in cerca di mariti più gradevoli solo perché meno probabili o più lontani. Invece di affrontare con serietà la questione dello scioglimento delle Province e porre i problemi della gestione del territorio e della ricollocazione del personale in esubero, i politicanti sfogliano la margherita dello sposo desiderato e si nascondono la realtà giocando alle grandi strategie geopolitiche.

Fra poco, vedrete, esauriti i pretesi fidanzati, cominceranno a giocare alla nuova sede capoluogo e sarà un’altra nobile gara, tra campanilistica e insulsa, a dove collocare il palazzo della nuova Provincia di Savona e Imperia o del Levante, e ci sarà subito chi proporrà di costruirne uno da qualche parte, perché in Italia, si sa, non c’è risparmio che non si traduca subito in maggiori costi. Quando le decisioni sono più ideologiche che pratiche, e sono più frutto di maldestri compromessi (riduzione invece che cancellazione delle Province) che di fondati ragionamenti, è difficile che le cose vadano a finire bene.

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