A Zinola anche i morti protesterebbero, se potessero

C’è un luogo che dovrebbe essere curato con rispetto e silenziosa dignità, dove la memoria dei nostri cari dovrebbe riposare in pace, tra ordine e decoro. Quel luogo, a Savona, si chiama cimitero di Zinola. Ma oggi, guardandolo, verrebbe da chiedersi se siamo ancora in una città italiana o in una selva abbandonata da Dio e dagli operai del verde pubblico.

Sì, perché quello che dovrebbe essere un luogo sacro appare oggi come un campo incolto, invaso da erbacce, fiori spontanei (non portati dai parenti, ma offerti dalla natura) e tombe a malapena visibili tra l’invasione verde. Più che di riposo eterno, qui si parla di sopravvivenza… visiva.

E mentre i cittadini indignati postano le foto sui social, l’amministrazione Russo probabilmente è ancora intenta ad ingoiare la bocciatura  della candidatura di Savona a “Città della Cultura”. Forse però si intendeva coltura, nel senso agricolo del termine. Perché qui a Zinola crescono più piante spontanee che progetti di decoro urbano.

Qualcuno commenta: “Allo stato brado!” e mai definizione fu più calzante. In effetti, questo non è più un cimitero: è una metafora perfetta dello stato generale della città. Se non c’è rispetto per i vivi – anziani, malati, studenti – come pretendere che ci sia per i morti?

I lavori di manutenzione sono spesso affidati a cooperative per pochi euro. Il risultato? È sotto gli occhi di tutti. O meglio: lo sarebbe, se l’erba non avesse già superato le lapidi.

E allora sì, viene da pensare che se potessero parlare, anche i defunti di Zinola si alzerebbero per dire qualcosa. Magari semplicemente: “Tagliate almeno il prato, per favore.”

Condividi

Lascia un commento