In provincia di Savona, Tirreno Power è un’azienda dal forte impatto sul territorio, sottoposta ad accusa di vario genere – tutte comunque legate all’inquinamento prodotto ed alle ripercussioni sulla salute – fin dai primi anni dell’entrata in esercizio, quando bruciava olio combustibile ad alto tenore di zolfo, prima di essere parzialmente riconvertita a carbone e poi altrettanto parzialmente a metano. L’azienda ha in programma – avendo ottenuto le approvazioni e le autorizzazioni necessarie – un investimento di circa 1.400 milioni di euro (tre piattaforme Maersk di lavoro) per costruire un nuovo gruppo a carbone e rifare i due esistenti, con un incremento di potenza che, utilizzando le migliori tecnologie disponibili, sarà accompagnato da una sensibile diminuzione dell’inquinamento rispetto ai livelli attuali. Intorno a questo progetto c’è una diffusa diffidenza, ma – per tornare al caso Ilva – appare davvero sproporzionato sostenere l’opportunità di bocciare un progetto di riqualificazione produttiva e ambientale che ha pochi uguali in Europa al solo scopo di creare i presupposti per far chiudere gli impianti, con danni economici e occupazionali oggi, e chissà per quanto, inaccettabili per Savona. In un quadro, tra l’altro, che appare oggettivamente lontano dall’emergenza. Gli indicatori ambientali dell’Istat, diffusi anno dopo anno, testardamente continuano a sottolineare che l’aria di Savona è (relativamente) pulita e comunque lontana anni luce da quella che si respira a Milano o Genova o in cento altre città italiane. E altrettanto testardamente l’Istat precisa che a Savona sono le centraline che misurano le emissioni del traffico veicolare a registrare il maggiore inquinamento da polveri sottili. E vengono anche individuati i colpevoli: sono i motoveicoli, la cui concentrazione a Savona è al terzo posto a livello nazionale e che per giunta appartengono in larga misura a modelli euro 0, euro 1 e 2, altamente inquinanti. Le polveri sottili, in fondo, non sono meno pericolose se escono dalle marmitte di una moto piuttosto che disperse dai camini di una centrale termoelettrica. Perché non si apre una campagna per chiudere il centro alle moto più inquinanti? Forse perché è più popolare prendersela con il “grande moloch” piuttosto che con tanti piccoli diavoli? Il problema è che viviamo in uno strano Paese, dove il melodramma a tinte forti ha sempre il sopravvento su una sonata al chiar di luna. Dove si preferisce la polemica urlata piuttosto che la seria ricerca di soluzioni condivise su problemi che riguardano tutti. tutti sanno tutto eccetto chi non sa niente di niente ma crede di sapere filosofo vadese