Ripamonti, il mago delle Funivie (ferme)

C’è chi ha l’arte del salto con l’asta, chi del salto in politica. Poi c’è Paolo Ripamonti, che sembra essersi specializzato nel salto… sulle funivie, ferme dal 2019. La sua carriera è un po’ come quei vagonetti: sospesa, ma sempre in movimento. Dall’assessorato regionale alla crisi complessa (un titolo che già dice tutto), fino alla fresca nomina a commissario delle Funivie, grazie a una spintarella niente male dal suo mentore Rixi, Ripamonti si prepara a far decollare un’infrastruttura che da anni non decolla affatto.
Il passaggio di consegne è stato impeccabile: Marco Bucci, inizialmente indicato come commissario, ha subito deciso che, in fondo, la crisi complessa era una faccenda per l’uomo delle missioni impossibili. Così ha affidato l’incarico al nostro Paolo, che da senatore si era già occupato del tema – e infatti i risultati si vedono (o meglio, non si vedono).
I sindacati, curiosamente, sembrano soddisfatti. «La nomina di Ripamonti era quello che chiedevamo», ha dichiarato Danilo Causa della Cisl. Certo, in mancanza di funivie funzionanti, almeno un nome noto può confortare. E poi, per carità, meglio un volto familiare che l’ennesimo esperto ministeriale con idee strane tipo… far ripartire davvero l’impianto. Soddisfazione anche dall’opposizione, stima da parte di Arboscello
Ma attenzione, perché Ripamonti non si occuperà solo di piloni franati e vagonetti arrugginiti: in gioco c’è anche l’uso delle aree di Bragno come zona retroportuale e il traffico merci su rotaia. Una bella sfida, per un assessore che finora ha navigato più nei corridoi della politica che sui binari delle infrastrutture.
Nel frattempo, i 45 funivieri rimasti si dedicano alla manutenzione, nella speranza di tornare un giorno a fare i funivieri veri. Alcuni inizieranno persino un corso per manovrare i treni: d’altronde, meglio essere pronti per un futuro incerto che continuare a spolverare cavi inutilizzati.
E così, tra un plauso sindacale e un’occhiata dubbiosa dai lavoratori, Ripamonti si appresta a lasciare un segno (si spera positivo) anche su questa infrastruttura storica. Riuscirà il nostro eroe a rimettere in moto i vagonetti? O si limiterà a farli sembrare vivi come il resto della politica regionale? Ai posteri – o meglio, ai piloni – l’ardua sentenza.

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