L’assegnazione dell’assessorato allo sviluppo economico della Regione Liguria a Paolo Ripamonti segna una nuova fase per la Lega savonese e ligure, tra strategie politiche e malumori interni. Ripamonti, già senatore e figura storica della Lega a Savona, ha prevalso su Stefano Mai, nome dato inizialmente per favorito, grazie alla sua vicinanza a Francesco Bruzzone e a un curriculum che lo rende particolarmente appetibile per mondi come l’imprenditoria e i balneari.
Questa scelta ha, però, sollevato critiche. Le tensioni tra Mai e Ripamonti non sono certo un segreto, e il cambio in corsa sembra aver lasciato strascichi tra i militanti. In particolare, il metodo di selezione, percepito da alcuni come una decisione verticistica, ha alimentato il malcontento. “Voleranno gli stracci o, meglio, le tessere,” ha scritto un osservatore in una lettera a Savonanews, riflettendo il clima teso all’interno del Carroccio.
Ripamonti non è nuovo alle polemiche. Durante la sua carriera, le sue dichiarazioni e scelte hanno spesso sollevato dibattiti. Sotto la sua guida, la Lega savonese ha registrato un calo nei consensi, segnale di una difficoltà nel mantenere il radicamento sul territorio. Tuttavia, nonostante i suoi comportamenti, le decisioni e i suoi fallimenti politici, come le Funivie di Savona, ha guadagnato apprezzamenti trasversali, persino da esponenti del Partito Democratico come Roberto Arboscello.
La riorganizzazione interna alla Lega in Liguria riflette una situazione più ampia di difficoltà per il partito. In Piemonte, ad esempio, il presidente Alberto Cirio, di Forza Italia, sta attirando sindaci e amministratori, approfittando della perdita di peso specifico della Lega. Questo “fuggi fuggi” mina la solidità del partito nel Nord Italia, tradizionale roccaforte leghista.
A Savona, con la nomina di Ripamonti c’è il rischio che la base leghista, già in fermento, si senta ulteriormente alienata. La sfida per il neo-assessore sarà quindi doppia: da un lato, riportare risultati tangibili sul piano amministrativo; dall’altro, ricucire il rapporto con i militanti e riconquistare la fiducia di un elettorato disilluso.
La nomina di Ripamonti potrebbe apparire come un successo tattico per la Lega, ma rischia di trasformarsi in una vittoria di Pirro. Se non si affronteranno le tensioni interne e il calo di consensi, questa decisione potrebbe amplificare una crisi che già si sta manifestando a livello locale e regionale. La Lega, per consolidarsi, dovrà trovare una sintesi tra i suoi molteplici animi e rispondere alle esigenze di un elettorato sempre più esigente e meno disposto a tollerare decisioni imposte dall’alto.