Stiamo assistendo ad una rappresentazione del teatro dell’assurdo, i nuovi paladini della libertà che continuano ad abusare di una parola che a loro poco appartiene, considerate le politiche che perseguono. Parola che questi signori trascurano o strumentalizzano volutamente ed è figlia della lotta di Resistenza, figlia dell’antifascismo. La scelta fra monarchia, e che monarchia, e repubblica è la conseguenza della Libertà conquistata col sangue degli Antifascisti così come la costituzione repubblicana.
Conseguentemente quando si parla di Libertà non si può prescindere dall’Antifascismo, esattamente come non è possibile parlare di Pertini senza nominare l’Antifascismo.
Teatro dell’assurdo atto primo:
Il 2 giugno, le autorità cittadine, regionali, provinciali e perfino religiose nonché un senatore (socialista?), hanno inaugurato il monumento a Pertini. Personaggi questi quanto mai lontani per pensiero, sensibilità e convinzioni politiche dal Sandro nato a Stella. Non ci risulta siano state invitate rappresentanze di associazioni Antifasciste o consiglieri di sinistra; nemmeno lo storico savonese Milazzo che su Pertini ha scritto recentemente un libro. L’inaugurazione non è stata molto pubblicizzata per evitare la presenza di troppi cittadini (forse soprattutto quelli scomodi per l’amministrazione) e magari qualche fischio; esattamente come per l’intitolazione della piazza, sempre a Pertini, avvenuta praticamente in segreto. Un sentito ringraziamento alla pandemia, grazie a cui si riesce a fare tutto senza contestazione e tutto è più bello e “decoroso” cioè addomesticato, anestetizzato e finto.
Durante l’inaugurazione sono state pronunciate parole immaginifiche e passibili di qualunque interpretazione: “Un grande uomo proiettato nel futuro”, lasciando intendere che Pertini avrebbe apprezzato il quadro politico istituzionale attuale. Si tratta di un’operazione di marketing politico, uno spot per gli attuali sedicenti liberali, realizzato usando Sandro Pertini come testimonial. Qualcosa di pro- fondamente offensivo. Nella politica di plastica tutto è lecito ma per cogliere l’incongruenza dell’operazione basti ricordare che il 24 gennaio 1944 Pertini, detenuto a Regina Coeli, venne liberato da un gruppo di partigiani salvandosi dall’esecuzione che sarebbe giunta di lì a poco in seguito alla condanna a morte. La condanna era stata comminata dal tribunale fascista per eliminare un dissidente anti- fascista di spicco come il futuro presidente della repubblica. Oggi i sedicenti liberali governano insie- me a partiti politici che derivano direttamente dai persecutori di Pertini, gente che si è dichiarata in passato e a volte lo fa ancora oggi, “fascista”. Gli stessi liberali che strizzano l’occhio a casapound e partecipano alle celebrazioni delle camicie nere…
Se Pertini si trovasse proiettato in questo “futuro” li prenderebbe a maleparole o a colpi di pipa! Oltre a non riconoscere i sedicenti socialisti.
Concludendo e schematizzando per facilità di comprensione: i nipoti dei fascisti che non hanno mai rinnegato la dittatura si propongono come eredi di Pertini, antifascista senza mediazioni. Mentre gli antifascisti di oggi sono criminalizzati, attraverso denunce e l’utilizzo di strumenti repressivi come la “sorveglianza speciale” nata con il codice Rocco del 1931 e bastonati.
Noi siamo convinti che Pertini oggi starebbe dalla nostra parte, senza doverci pensare un attimo.
Quindi l’operazione di apparente conciliazione nazionale a cui stiamo assistendo è cattiva coscienza, menzogna istituzionale.
Teatro dell’assurdo atto secondo:
11 giugno, il senatore Nencini (sempre lui, socialista?) autore del libro “Solo” su Giacomo Matteotti presenterà la sua opera presso una libreria di Varazze coadiuvato da esponenti della giunta regionale di destra, pare l’onnipresente presidente, un paio di assessori regionali e un consigliere regionale. Bene hanno fatto questa volta a esprimere la loro contrarietà ANPI e consiglieri comunali di opposizione ma ci chiediamo se l’autore è consapevole delle persone che avrà di fianco o se lui stesso non prepari un suo “cambiamento”.
La destra regionale, e nazionale, sta preparando la sua nuova faccia presso gli elettori inconsapevoli usando parole a lei estranee, sotto l’apparenza pacificatrice democratica, nei fatti prosegue nella legittimazione apologetica del fascismo, ne è un esempio la statua di Parodi provocatoriamente scolpito in uniforme fascista-coloniale. Dal momento che è stato il fondatore della Moto Guzzi meglio sarebbe stato raffigurarlo in sella ad una sua moto, sicuramente sarebbe stato meno ideologico e tendenzioso.
La loro libertà non contempla il dissenso, infatti è stato negato dalla questura un presidio di contestazione presso la statua succitata, e la stessa statua è stata posta sotto sorveglianza dalle forze dell’ordine.
La loro libertà non contempla l’individuo libero, pensante e critico o il cittadino, contempla solo l’utente/consumatore in cui è stato trasformato.
La loro prospettiva non contempla il libero pensiero, solo l’adesione di chi è uniformato alla loro visione.
Nella malcelata volontà di riabilitare il fascismo attraverso la celebrazione di personalità e individui che sono, guarda caso, anche fascisti, si sta compiendo da anni il progetto di sminuire la lotta di Resistenza e rimozione degli orrori della dittatura e del colonialismo (non è un caso che recentemente si sia sorriso delle nefandezze di un personaggio come Montanelli che definiva “animalino docile” la sua sposa/schiava di 12 anni acquistata in Abissinia nel 1936).
Tutto sembra l’ennesima mossa verso la creazione di una “memoria condivisa” tra fascisti e antifascisti che dovrebbe portare beneficio a tutti. Riprendiamo a riguardo le parole di uno storico, Sergio Luzzatto che mostra idee molto chiare: “Il rischio di una memoria condivisa è una «smemoratezza patteggiata», la comunione nella dimenticanza.” Qualcosa che nasconde l’obiettivo di occultare le differenze tra Matteotti e Mussolini, tra Pertini e le camicie nere che insieme alle SS tedesche torturavano e assassinavano”. Scrive ancora Luzzatto: “Io sono nipote di un ebreo perseguitato (Aldo Luzzatto, professore universitario di medicina, estromesso dall’insegnamento) […]”. Rispetto ad un altro storico, Roberto Vivarelli (morto nel 2014) che affermava sussistere una naturale convergenza tra il proprio fascismo giovanile e l’antifascismo nella maturità, Luzzatto oppone un netto rifiuto: “Si tenga pure, lui, la memoria di suo padre squadrista, marciatore su Roma, volontario in tutte le guerre del duce, si tenga la memoria di se stesso, imberbe volontario delle brigate nere. Io mi tengo la memoria del nonno che non ho mai conosciuto: del medico che perse, dopo la cattedra universitaria, ogni diritto di curare pazienti ariani, prima di nascondersi a Lucca come un topo braccato per sfuggire ai risultati estremi della persecuzione razziale”. [S. Luzzatto, La crisi dell’antifascismo, Einaudi, Torino 2004]
Dal momento che pare di attualità ricordare Matteotti, nella data del suo omicidio per mano fascista, vogliamo ricordare che ritirarsi sull’Aventino è stato un errore politico, l’assenza di nette posizioni di contrasto, la rinuncia ad una radicalità antifascista non disposta alla mediazione nazional-pacificatrice, porterà ad un nuovo Aventino che, come successo all’epoca, lascerà ulteriore spazio a quello che è un nuovo fascismo.
Matteotti e Pertini erano Antifascisti e con voi non hanno nulla a che fare !!!
Nessuna memoria condivisa ! La verità storica non si tocca !
COORDINAMENTO ANTIFASCISTA SAVONA