Dal 2001 al 2013 si è registrato un aumento della mortalità pari al 49% nell’area della centrale a carbone Tirreno Power a Vado Ligure (Savona). Lo indica la ricerca dell’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Ifc) pubblicata sulla rivista Science of the Total Environment. “Nei 12 comuni considerati, nelle aree a maggiore esposizione a inquinanti sono stati riscontrati eccessi di mortalità per tutte le cause (sia uomini che donne +49%)”, rileva Fabrizio Bianchi, del Cnr-Ifc.
Gli epidemiologi ambientali dell’Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa hanno studiato l’impatto sanitario sulla popolazione della centrale Tirreno Power di Vado Ligure (Savona), avviata nel 1970 e alimentata a carbone fino al 2014, quando la procura di Savona fece fermare gli impianti per disastro ambientale doloso. Oltre ai dati generali sull’aumento della mortalità, la ricerca ha riscontrato eccessi di mortalità “per malattie del sistema circolatorio (uomini +41%, donne +59%), dell’apparato respiratorio (uomini +90%, donne +62%), del sistema nervoso e degli organi di senso (uomini +34%, donne +38%) e per tumori del polmone tra gli uomini (+59%)”. E’ stata valuta in particolare la relazione tra l’esposizione agli inquinanti atmosferici emessi dalla centrale e il rischio di mortalità e ricovero in ospedale in 144.019 persone, identificate con indirizzo di residenza e analisi dei ricoveri in ospedale. I dati, prosegue Bianchi, indicano che, “anche considerando le diverse fonti inquinanti cui sono stati esposti i cittadini, ci sono stati forti eccessi di rischio di mortalità prematura e ricovero ospedaliero per i residenti intorno alla centrale a carbone di Vado Ligure, con numerosi eccessi di mortalità e ricovero in ospedale, in particolare per le malattie cardiovascolari e respiratorie”. Secondo Bianchi “è la prima volta che viene effettuata una quantificazione del rischio, purtroppo molto alto”, relativo all’inquinamento delle centrali a carbone. Il ricercatore auspica che “si sposti con urgenza l’attenzione sulle valutazioni preventive degli impatti sulla salute e quindi sulle fonti che si conoscono come maggiormente inquinanti, anziché valutare i danni alla salute già verificatisi a causa delle esposizioni”. La speranza, conclude, è che i risultati dello studio “stimolino decisioni per ridurre i livelli di esposizione riconosciuti dannosi per l’ambiente e la salute e per realizzare studi analitici e programmi di sorveglianza adeguati”.
ANSA